[ « indietro ]     Cloe e Rona avevano appena quindici anni quando si separarono. E ora, dopo un'eternità durata dieci, lunghissimi anni, le due ragazze si abbracciavano sulla terrazza. Nessuna delle due sapeva esprimere la propria gioia, si limitavano a guardarsi, poi a stingersi, poi a guardarsi di nuovo, senza aprire bocca. Eppure tutte e due avevano una tale voglia di parlare, di raccontare all'altra tutto quello che era successo.
- Zietta...
- Oh, Cloe!
Ma non si muovevano, e la tela se ne stava lì, immobile, come stufa della situazione, quando finalmente decisero di usarla come pretesto.
- Vedo che stavi lavorando...
Rona non era cambiata per niente, sembrava la solita ragazzina dei tempi passati, corporatura slanciata e portamento semplice, tuttavia Cloe notò che si reggeva un po' a fatica sulle gambe, ma non osava rovinare quell'incontro con cose fuori luogo, e se ne stette zitta. Aveva ancora quel visetto fine di una volta, un attimino più pallido forse, i capelli corvini e ondulati verso le punte, che in certe mattine di sole tendevano al blu, colore del mare profondo, gli occhi celesti coronati dell'oro, che quella mattina sembravano catturare il mare, il nasino sottile e diritto, come levigato dall'acqua, il carattere un po' vivace, ma non troppo, represso dagli anni.
Si interessava a tutto quello che la circondava, per questo molte volte si era cacciata nei guai.
- Sì zietta, ho fatto come ti avevo promesso.
- Hai altri quadri? Voglio vederli tutti, nipotina...
Ma Cloe non li aveva più, tranne quello grande in sala, che si era tenuta per sé, gli altri erano stati venduti. Non li aveva voluti tenere, perché desiderava che gli altri vedessero, diceva. In realtà aveva solo paura, di cosa non lo sapeva, ma aveva paura.
- Oh tesoro, non dovevi farlo! - Rona sembrava sconsolata - Ma fammi vedere l'unico che ti è rimasto, ti prego.
Cloe era felice di entrare in casa.
Il mare aveva cominciato a cantare e sembrava arrabbiato, le nuvole già cominciavano a coprire la grigia distesa e fra non molto si sarebbe scatenato il finimondo. Era meglio liberare la terrazza. Si fece aiutare da Rona, che non sembrava per nulla intimorita da quel cambiamento improvviso, raccolse seggiole e tavolino di plastica, la tela e il cavalletto e tutti i colori, i pennelli e gli stracci macchiati.
Appena chiusa la portafinestra, le gocce colpirono violentemente i vetri come dardi d'azzurro e fra le nuvole serpeggiarono i riflessi dei lampi.
Il mare si gonfiò, gli scogli scomparvero inghiottiti dalle onde.
- Stavolta sarà più terribile del solito.
Rona la guardò, poi si volse verso il quadro appeso e lo osservò attentamente. Le erano sempre piaciuti i disegni di Cloe, così semplici eppure complessi nel significato, dai colori luminosi, anche se quello faceva veramente impressione. Raffigurava una sirena aggrappata ad uno scoglio, in un giorno di burrasca, le squame perlate, lisce e luminose, la pelle azzurrina e i capelli di spuma e in lontananza si vedeva la riva, e quella casa, la casa di Cloe, gli alberi sbattuti dal vento impetuoso, la terrazza.
- Sai zietta, quando il mare canta arrabbiato lei mi protegge...
- Lei...
- Sì, la sento sempre, lei é la voce che sovrasta tutte le altre, dolce e leggera, ma le sovrasta tutte...
Cloe si svegliò di soprassalto. Era la prima volta dopo che la nave era ritornata. Un mese era trascorso ormai, le due ragazze avevano recuperato in quel poco tempo dieci anni di lontananza, erano andate a passeggiare sulla spiaggia, anche se Rona aveva rifiutato di fare il bagno, diceva che c'erano cose più importanti, avevano ripercorso insieme le vie coi negozi, divertendosi come una volta.
Si alzò preoccupata, c'era troppo silenzio, era quasi opprimente e lei non lo sopportava. Di solito, quando non si era ancora addormenta, Cloe sentiva sempre il leggero russare di Rona, ma non era fastidioso, le ricordava quasi il gorgoglio dell'acqua. Allora lei si alzava, passava nella stanza della sua zietta e la osservava sorridente. Rona aveva la delicatezza di una sirenetta, stava sdraiata sul letto come se quello fosse stato una soffice nuvoletta, un enorme cuscino di morbida seta imbottito di piume. Cloe la osservava estasiata, perché era così regale nella semplicità del sonno, aveva un non so che di splendido.
Ma quella notte, svegliandosi, Cloe non sentì il russare leggero di Rona, infilò la porta della sua stanza, però il letto era vuoto. La ragazza si sedette, pensierosa, tastando il materasso ancora caldo. Non doveva essere uscita da molto, pensò che volesse prendere un po' d'aria, in effetti la notte era calda, l'estate sembrava essersi fermata improvvisamente, giusto per coprire col suo manto di sabbia dorata la casa di Cloe. Ma Rona non tornava, e alla sua nipotina mancava tanto quel leggero gorgogliare.
La ragazza si alzò e tornò in sala, accorgendosi che il suo quadro era scomparso. Corse sulla terrazza, dove lo trovò, buttato per terra e con la cornice ormai spezzata, frammenti di legno sparsi su tutto il piano di mattonelle rosse. Si chinò e lo raccolse, per fortuna la tela era intatta.
E poi all'improvviso il canto tornò, ma non dal mare, era interno alla casa, scaturiva come limpida acqua dalle finestre spalancate, dalla porta della terrazza, le tende bianche come scosse dal vento. Rona uscì e camminò verso Cloe, finalmente libera.
- Zietta...
La ragazza si era alzata, la tela stretta fra le mani ghiacciate, i capelli davanti agli occhi.
Il mare mi rivuole...sono stata qui per troppo tempo, nipotina...
- Oh no, no ti prego! Sei appena tornata, il mare ti può aspettare!
E dagli occhi scuri di Cloe uscì una piccola lacrima argentata, come i capelli di Rona, splendida nel suo finalmente libero essere.
Capiscimi piccola...Però...
- Però cosa, zietta? Però cosa?!?
Rona intanto era avanzata, e ora svettava sopra la spessa balaustra di mattoncini rossi, la luna che le circondava la testa come un'aureola dorata.
Vieni con me nipotina...vieni sul fondo del mare, libera finalmente di essere te stessa, potrai nuotare con l'arcobaleno e con la luna che riposa serena nel suo letto di alghe dorate, potrai nuotare con antichi e forti pirati, e indossare i loro meravigliosi tesori...Potrai essere libera e staremo sempre insieme, nipotina...
E aveva allungato la mano verso Cloe, che la osservava seria, incerta.
Poteva afferrare quella mano, abitare per sempre nell'oceano, vivere nell'infinito, oppure rinunciare, restare coi rimpianti, e dipingere per tutta la vita scene di pioggia o di tramonti, sempre con quella nave ormai sul fondo dell'oceano, che si stagliava nera contro l'orizzonte.
Avrebbe potuto fare...
Allungò una mano verso Rona, speranzosa. Ma il mare decise che non era il momento, con un canto arrabbiato, con un'ondata dalla spuma argentina travolse la terrazza, Cloe finì contro il muro, riuscendo a scorgere un guizzo perlato nell'acqua, un saluto. E poi rimasero solo sottili chiazze d'argento sui mattoni rossi. Cloe cercò disperata la tela, che giaceva ormai rovinata alla sua destra, la osservò, ma i colori si erano mischiati, il mare si confondeva col verde suolo della terra, la piccola coda di squame perlate ormai si era dispersa, come la spuma d'argento sarebbe stata prosciugata dal sole.
- Addio mia piccola sirena...zietta...


di Claudio G.