[ « indietro ]     Loralis si lasciò sfuggire una risata, ma c’era solo un vago fondo di allegria in quel suono comunque musicale. - Mi basterà che tu ti prenda cura del mio cavallo con un po’ più di riguardo e che di tanto in tanto mi faccia mangiare della carne decente, non rifiuterei della selvaggina.
- Bene, madonna. Vado ad avvertire i viandanti…- fece l’oste uscendo.
- Ehi, oste.- lo richiamò allora Loralis, colta da un pensiero. - Che non venga loro in mente di ringraziarmi!
L’oste annuì e scese le scale. Condusse su i due giovani e li sistemò nell’ultima stanza lasciando loro una lampada.
- Questo posto è davvero squallido.- fece il più giovane mentre si levava il mantello. La stanzetta era infatti molto piccola, c’era solo un pagliericcio marcio e un tavolo coperto di polvere. Sorci grossi come gatti zampettavano nell’ombra e ragni grossi come sorci tessevano le loro tele negli angoli. - Cosa credi che se ne possa fare qualcuno di una stanza così?- domandò al suo compagno.
La donna si levò l’elmo di cuoio e scosse i capelli. - Preferivi dormire all’aperto in una notte così!- domandò indicando appena la neve che batteva contro i luridi vetri del piccolo abbaino.
- Comunque questo luogo è putrido, fa troppo freddo, e ho fame.- protestò il ragazzo strofinandosi le mani ancora guantate sulle braccia.
La donna gli rivolse un sorriso malizioso e fece pochi passi verso di lui, insinuando le sue mani gelate tra i capelli biondi del ragazzo. Lui rabbrividì, ma non si sottrasse al suo tocco. - Non temere…Avremo modo di riscaldarci!- sorrise di nuovo e aperta la porta lo lasciò solo in quella squallida stanza.
Il piano era buio e silente come una tomba. Solo da una delle porte chiuse fuoriusciva un flebile filo di luce, ma nessun rumore. Scosse il capo e corse di sotto, a parlare con l’oste. Quando tornò, sempre al buio, era stata una guardia ed il buio non la spaventava di certo, scorse un’ombra che s’infilava in una delle stanze, e la figura slanciata, sebbene non troppo alta, le ricordò, per un attimo, qualcuno che aveva conosciuto.
Chiuse gli occhi e scosse il capo, poi tornò nella stanza che lei ed il ragazzo occupavano.
Lui stava immobile in un angolo a braccia conserte, incapace di sedersi sul pagliericcio marcio che pullulava di vermi, o sulle sedie coperte di polvere e probabilmente marce anch’esse.
L’oste arrivò poco dopo di lei con un paio di garzoni. Pulirono in tavolo, cambiarono le sedie e gettarono via il pagliericcio marcio sostituendolo con paglia nuova, pulita e fresca. Avevano anche una coperta e delle lenzuola, e un vassoio con del cibo caldo.
Non appena furono usciti lui s’avvicinò al tavolo e piluccò qualcosa, masticandola lentamente. - Mi chiedo come hai fatto se non avevamo che quelle poche monete per questo tugurio!- fece lui con aria pensierosa.
Lei si slacciò la leggera armatura di cuoio e la gettò sul letto. Il ragazzo fece appena scivolare il solito sguardo ammirato al corpo di lei, che s’intravedeva sotto la tunica di panno bianco. La donna venne a sedersi e prese anche lei un boccone. - Dovresti sapere che so come convincere un uomo.- fece allora con l’abituale malizia.
- E tu dovresti sapere che non mi piace che ti procuri quello che ci serve in questo modo. - ribatté il ragazzo imbronciandosi.
La donna rise sinceramente divertita dall’espressione afflitta di lui, poi il suo sguardo si addolcì. - Tu dimentichi che anch’io so usare la magia, ho dei poteri limitati, è vero, ma quanto basta…- gli strizzò un occhio.
La faccia del ragazzo si rilassò mostrando un’espressione sollevata mentre prendeva la bottiglia che lei gli offriva.
- Ora mangia prima che si raffreddi!
Lo trattava ancora come un ragazzino, ma sapeva che in fondo senza di lui non sarebbe stata altrettanto bene. Aveva imparato a essere cosciente del proprio valore, e le sue punzecchiature non lo infastidivano più, soprattutto perché ormai sapeva come rovesciare quella che sembrava una situazione sbilanciata.
Finirono di mangiare in silenzio, scambiandosi occhiate da sopra la bottiglia che si passavano. Lei si alzò e si levò anche le pesanti brache di panno. Poi fece pochi passi verso di lui, che le studiava con ammirazione innegabile le gambe. Lo fece alzare e prese a sciogliergli i lacci della casacca di camoscio.
A differenza di lei, il ragazzo non aveva terminato il suo noviziato, e non aveva titolo, né professione, per questo vestiva come un comune uomo del popolo, con casacca, tunica e brache.
- Non avevi freddo?- mormorò lei mentre lo tirava verso il letto.
Un tempo i suoi modi l’avevano imbarazzato, ora li trovava divertenti, e si lasciò condurre al letto mentre lei gli sfilava la tunica dal capo e si spogliava.
S’infilarono sotto la coperta e rimasero un istante immobili, infreddoliti ed esausti dalla cavalcata che era durata tutto il giorno, poi lei prese a sussurrargli qualcosa all’orecchio ed il ragazzo non poté fare a meno di ridere.
- Sai essere demoniaca, Kardin.- le disse mentre le mani di lei gli scivolavano lungo il corpo.
Lei si limitò ad un risatina compiaciuta. - Era parecchio tempo che non potevamo approfittare di un letto comodo e di una coperta calda…- sussurrò al suo orecchio.
- Ma questo ti ha mai fermata?…- domandò allora lui.
- No, questo è vero! Ma l’importante è non perdersi d’animo, no?- assicurò lei chinando il capo a baciarlo mentre il ragazzo, magicamente trasportato dalle parole di lei, aveva completamente dimenticato la sua aria giovane, inesperta ed impacciata, e ricambiava con crescente calore le effusioni di lei.

Un gridò lacerò il sonnolento silenzio dell’ultimo piano della Locanda dei Venti. Kardin balzò fuori dal letto e afferrò la sua spada ancor prima di infilarsi qualcosa addosso. Il ragazzo stava per dire qualcosa, ma lei lo zittì con un gesto, avanzando piano verso la porta.
- Aspetta. Kardin, non puoi andartene in giro così!- protestò.
Lei gettò appena un’occhiata al suo corpo nudo. - Sta succedendo qualcosa, Kolsh…
Lui scivolò piano fuori dal letto e le gettò il proprio mantello sulle spalle, mentre lei rabbrividiva. - Se proprio devi andare, almeno così non congelerai troppo in fretta!
La Sacerdotessa Guerriera lo guardò e poi preso il suo volto tra le mani lo baciò. - Sei sempre un tesoro. Aspettami qui.- aggiunse aprendo la porta e avanzando lungo il corridoio.
Kolsh era abituato anche a questo. Non sapeva combattere, e per quanto potesse essere umiliante rimanere nascosto dietro le spalle di una donna, sapeva che non c’era nulla di vergognoso quando la sua presenza non avrebbe fatto che mettere in difficoltà anche lei. Prima o poi avrebbe imparato, e sarebbe stato in grado di difendere entrambi.
Kardin ricorse alle poche pratiche magiche che aveva appreso e cercò nell’ombra assalitori annidati, ma il piano era vuoto, dalle stanze non veniva alcun rumore. Guardò le porte e scorse solo un filo di luce, s’avvicinò e accostò l’orecchio alla porta, aiutandosi sempre con la magia.     [ avanti » ]

di Nadja