[ « indietro ]     - Qual è il tuo nome, fanciulla.- chiese una voce salda e musicale, che rivelava le profondità di una mente giovane e volitiva.
- Loralis...Loralis di Sansaron.- cadde in ginocchio, senza rendersene conto, come aveva fatto quei passi. Chinò il capo e avvertì quelle dita che le sfioravano i capelli, ora che la lettiga era posata a terra e che il suo capo chino era alla stessa altezza della finestrella. Sembrava una giovane penitente consolata dal suo confessore.
- E sei una Figlia della Luna, non è forse così, dolce Loralis?- avvertì come un compiaciuto divertimento in quelle parole, e incredula, ferita da quel tono che sembrava schernirla, alzò il capo sperando di vedere quel volto che la sua mente già cercava d'immaginare.
E lo vide. Un volto giovane, forte, dalle labbra ben disegnate e dischiuse in un sorriso un po' altezzoso; gli occhi verdi, che sembravano emanare una luminescenza simile a quella dei gatti e dei lupi, la studiavano con attenta e divertita curiosità. Il capo incorniciato da folti capelli castani era cinto dalla sottile fascia dei monaci di Uguen, il dio della Sacra Conoscenza. Incatenata a quel volto, tenne le mani giunte, strette al seno, mentre lo sguardo di quel giovane monaco sembrava scrutare i recessi appena sbocciati, del suo dono.
- Se verrai con me, giovane Figlia della Luna, t'insegnerò lei vie della conoscenza. Loralis parve quasi non capire le parole di lui, mentre il suo sguardo non si staccava dalla strana fluorescenza di quegli occhi insieme dolci e felini.
- Sono solo la figlia del borgo mastro di un piccolo villaggio.- fu la semplice quanto incongrua risposta. Se il monaco aveva detto di volerla portare con sé, probabilmente non gli sarebbe importato molto della sua umile origine.
- Io non so leggere, non conosco la scrittura, né le rune, non ho alcun potere...
Lui mosse di nuovo la bella mano, facendo un dolce gesto per zittirla.
- Sei una Figlia della Luna...questo è il tuo potere, il tuo dono, la tua conoscenza, la tua vita. Ti insegnerò a servirtene, se lo vorrai.- la voce era pacata, un sussurro sottile come lo stormire delle foglie in quella notte di luna. Se lo vorrai.
Sentiva una strana affinità per quel giovane monaco, e si disse che era proprio quello che voleva, imparare a far uso del suo dono, smettere di essere la semplice ed ingenua figlia del borgo mastro, destinata ad un tranquillo matrimonio e votata sempre e solo al focolare domestico.
Quella era la sua Prima Notte, come poteva dunque ignorare l'invito che avrebbe cambiato la sua vita nella notte stessa in cui ella s'era resa conto del suo cambiamento? Annuì appena, quasi avesse timore di farsi vedere così decisa, apparentemente senza esitazioni.
- Bene, Loralis, hai trovato in te stessa la tua strada, la nuova vita. Ora vieni, e imparerai ciò che non avresti mai creduto potesse esistere.- la bella mano si mosse ancora, e lei ne seguì il gesto, incantata.
La porta della lettiga si aprì, e lei vide che all'interno c'era posto per un'altra persona, di fronte al monaco. Le prese la mano e la fece accomodare innanzi a sé, poi si sporse un po' verso di lei e le tracciò un simbolo sulla fronte e sul petto, all'altezza del cuore, sfiorandole la veste con le dita. Avvertì quasi un dolore come la puntura d'un insetto, poi tutto scomparve nella morbidezza delle sete e dei cuscini, nel dolce profumo che opprimeva il piccolo ambiente, nella strana fosforescenza di quegli occhi. Loralis s'addormentò.
C'era un certo fervore nelle sale dell'Abbazia di Tessaron. Sacerdotesse e Priori correvano qua e là, alla ricerca degli oggetti che il Reverendo Abate e la Madonna Badessa avrebbero richiesto per la breve cerimonia che sarebbe stata officiata prima della festa.
Loralis era nella sua piccola stanzetta, con la porta chiusa a doppia mandata, e due giovani Novizie le facevano da guardia. Era passato un anno da quando il monaco l'aveva condotta all'Abbazia, presto sarebbe stato l'anniversario della sua Prima Notte, e per il volere degli dei quello sarebbe anche stato il giorno della sua Consacrazione. Avrebbe preso gli ordini inferiori e sarebbe divenuta la Custode delle Notti; a quel pensiero rabbrividì, perché aveva faticato un anno intero per giungere a quel traguardo, lei che era giunta lì come la più umile e la più ignorante delle fanciulle. Il suo non era uno degli ordini più importanti e più prestigiosi, ma lì all'Abbazia di Tessaron erano quasi cent'anni che qualcuno non riceveva il suo ordine, e lei ne era molto orgogliosa. Avrebbe terminato le preghiere e le invocazioni alla Luna, e poi le sarebbero state potare le vesti, le sue vesti di Custode e di Figlia della Luna.
Nel corso di quell'anno aveva sentito sempre più forte il potere del dono, crescere in lei; avvertiva con lancinante chiarezza il richiamo di ogni essere della notte, dai piccoli animali ai grandi spiriti della terra, e non poche volte le era giunto alle orecchie il richiamo di esseri magici che celavano la loro forza nelle ombre della notte. La magia non scorreva forte dentro di lei, ma poteva percepirla come un uomo comune percepisce un odore, un rumore forte e chiaro. Avvertiva le voci delle fate che si rincorrevano nella pioggia luminosa di ogni plenilunio, sentiva i passi veloci e saltellanti degli gnomi che accarezzavano la terra con le loro piccole scarpe. Sentiva tutto ciò e se ne preoccupava con amorevole cura fino a che una presenza umana non veniva a turbare quella quiete con la confusione del suo spirito.
Gli uomini, per Loralis, non erano mai stati figli della notte, e sapevano solo disturbare le creature che invece ne condividevano i segreti. Questa consapevolezza l'aveva poco a poco resa sicura, quasi altezzosa nei confronti di coloro che non condividevano i suoi doni.
Provava pietà per i poveri contadini e per tutti gli umili, che estranei ad ogni conoscenza non partecipavano alla festa di emozioni che la Luna risvegliava; ma disprezzava sopra ogni cosa i grandi sapienti che con tutto il loro studio non potevano comunque comprendere la Luna. Nemmeno lei, in fondo, poteva davvero comprenderla, eppure sentiva di appartenerle, anima e corpo, e al suo servizio s'era votata, dormendo di giorno e vivendo di notte quando la Luna era alta e tonda nel cielo. Le giovani Novizie l'ammiravano e un po' temevano quella sua aria insieme selvatica e maestosa, spesso la spiavano quando, di notte, a piedi nudi, il corpo appena coperto da un sottile velo, ballava cantando sotto la Luna, assorbendone la forza attraverso i pallidi raggi, incapaci di riscaldare chiunque, tranne lei. I vecchi Priori ne avevano fatte spiare le escursioni notturne in cui ella, come ispirata, si gettava un mantello sulle spalle e scivolando silenziosa nelle ombre che non la rivelavano affatto, portava soccorso ad un animale ferito, consiglio ad un viandante sperduto, pace ad un amante infelice. Non c'era nessuno che potesse insegnarle, nessuno che potesse imparare da lei.
Questo era il dono. Le due Novizie poste di guardia alla sua porta aprirono i chiavistelli e con un grande inchino entrarono nella piccola cella che con la loro imponente presenza parve ancor più stretta.
- Alzati Loralis.- disse una delle due come le era stato insegnato.
Esse erano Novizie, e istruite a puntino dalla Badessa per quella speciale occasione, si limitavano a fare ciò che era stato loro insegnato. Loralis obbedì. Una delle due giovani si avvicinò e slacciandole la veste l'asperse con un ramoscello di vischio. L'altra intanto, teneva sulle braccia tese un involto di magnifica stoffa blu. Al termine dell'aspersione si avvicinò e aprendo la nuova veste gliela fece passare sul capo. La Custode delle Notti chinò il capo in segno di ringraziamento e, preso tra le mani il ramoscello di vischio che la Novizia le offriva, asperse le due fanciulle, poi sfiorò loro la fronte con le labbra, in segno di ringraziamento.     [ avanti » ]

di Nadja