Qualcosa di particolarmente oscuro e inspiegabile stava accadendo, lo capiva chiaramente dal ribollire del calderone che la vecchia teneva sul fuoco.
Le aveva rivolto solo poche domande, non aveva nemmeno voluto sapere il suo nome! Il suo nome non contava nulla, aveva voluto sapere una sola cosa: era mai giaciuta con un uomo?
Arrossendo e stringendo le mani aveva scosso fieramente il capo, mordendosi le labbra per non inveire contro quella vecchia cenciosa che le faceva ribrezzo.
Ma non c'era motivo perché dovesse rivolgersi a quella donna in quel modo, era stata lei stessa a presentarsi alla sua porta, e nessuno ha il diritto di offendere una persona in casa propria. Si sentiva inquieta, l'odore che aleggiava lì dentro la nauseava, le sembrava che ovunque strisciassero esseri immondi e che la sporcizia fosse anche nell'aria. La vecchia si muoveva svelta nella piccola stanza, aggirandosi attorno a quel calderone come se stesse preparando un banchetto di nozze...Nozze! A quel pensiero le labbra le s'incresparono in un sorriso amaro; un funerale, era a quello che andava incontro; sembrava sentirlo nelle ossa, ma non con paura.
- Si!- fu la laconica risposta della vecchia. Un sorriso appena accennato sfiorò le labbra rinsecchite scoprendo i pochi e aguzzi denti ingialliti.
- Ma...Cos'hai visto in quel calderone?- protestò la giovane balzando in piedi e avvicinandosi. Vide appena un riflesso di chiarore immergersi e scomparire nell'oscurità di quella brodaglia.
- Tu non hai chiesto quello, ragazza.
- Ma devo saperlo!- insistette lei. La vecchia mosse un passo, e posò la mano scheletrica sul braccio nudo di lei. Carezzò la pelle liscia e rosea con la punta di un'unghia annerita dalla fuliggine e dalla sporcizia.
- Tu sai qual è il prezzo.- disse la donna scoprendo i denti in un largo sorriso. Improvvisamente sembravano esser diventati più saldi, più lunghi. Ritirò con forza il braccio da quella stretta.
- No! Mai più! - Allora va per la tua strada ragazza, prima che io decida che il tuo pagamento non mi è bastato. Vide il lampo famelico di quegli occhi e con un balzo si rintanò vicino alla porta.
- Non mi dirai nulla dunque...
- No...- fu la semplice risposta mentre avanzava lentamente verso di lei.
La giovane afferrò la maniglia e spalancata la porta uscì correndo nella notte. La leggera brezza le sfiorava il viso, e lei alzò gli occhi alla luna, cadendo in ginocchio in mezzo al sentiero, afferrando con mani tremanti l'amuleto che poggiava sul suo seno, sotto le vesti.
- Tu mi hai illuminato con la tua visione, ora so! Ma non capisco, continuo a non capire.- mormorò nello stormire delle foglie.
- Sono solo la figlia di un borgo mastro, non conosco la magia, non sono una guaritrice...Perché...- sussurrò con aria supplichevole alzando ancora gli occhi a quel cielo nero, tormentato di stelle.
- Non possiedo alcuna conoscenza, non ho alcun potere...Perché io?- chiese ancora bagnando di lacrime le mani che allacciate stringevano la veste e il medaglione che vi era nascosto sotto.
I ciottoli aguzzi del sentiero, i ramoscelli calpestati e le foglie secche presero a dolerle sotto le ginocchia appena coperte dalla sottile e semplice veste di panno. Si scostò i capelli sciolti che le svolazzavano sul viso e alzò ancora un lungo sguardo implorante alla luna, come se ella stessa potesse aprire la sua grande bocca, per risponderle. Non avrebbe piuttosto riversato su di lei tutta la sua collera e il suo scherno per la sua ignoranza e faciloneria? Rabbrividì un istante, poi pensò che non era nelle sue colpe il non sapere che interpretazione dargli. Era andata a posta da quella vecchia fattucchiera, che le aveva succhiato via un po' del suo giovane sangue, prima di dare una risposta. Si sfiorò appena il collo con la punta delle dita.
Non c'erano cicatrici, la pelle era liscia al suo tocco, ma la sentiva più calda, e le doleva un po'. Che fare ora che aveva le risposte...Non avrebbe più potuto ignorarle, la collera della luna si sarebbe scagliata su di lei, sulla sua semplice vita di figlia del borgo mastro, e forse questo avrebbe causato la disgrazia del piccolo villaggio in cui viveva. Ancora un brivido lungo la schiena.
Ora non poteva ignorare i fruscii che si perpetravano nel bosco attorno a lei; avvertiva lo zampettare dei cinghiali che grattavano il terreno con le zanne alla ricerca delle ghiande sepolte dalle foglie secche; poteva udire il frusciare d'ali dei pipistrelli, e quasi percepire l'odore del sangue delle loro ignare vittime; sentiva i fiori notturni schiudersi al calore dei freddi raggi lunari, e poteva avvertirli su di sé come un fluido benefico. Era una sensazione nuova e strana, ma avrebbe imparato ad apprezzarla e a servirsi di lei, avrebbe scoperto un mondo nuovo che sarebbe divenuto il suo mondo, e avrebbe imparato a vivere in funzione di quello, prendendo ogni vantaggio offerto da quel dono che non aveva mai pensato di poter possedere.
I raggi lunari cadevano su di lei e li avvertiva come una carezza sulla pelle; alzò il volto, con gli occhi chiusi, aspirando profondamente l'aroma fresco e dolce di quella sua Prima Notte. D'ora in poi ce ne sarebbero state altre, molte altre; avrebbe vagato fra quelle fragranze e quei suoni, facendoli suoi.
D'improvviso la quiete e la pace che aveva sentito insinuarsi in lei con la consapevolezza della sua nuova natura vennero turbate dal frastuono dei passi di qualcuno che s'avvicinava.
In realtà era solo un suono lieve, a malapena udibile nel dolce stormire della notte, ma per i suoi sensi ormai consacrati era un orribile stridio che ne spezzava l'armonia. S'alzò in piedi e sentì scivolar via come un mantello, la pace di cui era stata parte per così poco; il suo primo impulso, quando vide il lontano balugino della lettiga, fu quello di gettarsi nel cespuglio che vedeva lì a pochi passi dal sentiero. Ma fu l'impulso di un istante; lei non era una ladra, e non aveva nulla da nascondere o da temere.
Nei dintorni era risaputo che molte giovani si recavano, spesso di notte, a far visita alla vecchia fattucchiera; nessuno avrebbe trovato tanto strano il fatto che lei fosse lì a quell'ora di notte. Vide la lettiga avvicinarsi e rimase immobile sul ciglio della strada, ritraendosi il più possibile per evitare ogni contatto con i mantelli svolazzanti dei servitori che reggevano la lettiga all'altezza delle cosce, con le braccia tese lungo i fianchi. Lei era solo la semplice figlia del borgo mastro.
Si ritrasse ancora e chinò il capo in segno di rispetto; che fosse un nobile, oppure un Reverendo Abate dell'alto ordine, che alloggiavano nell'antico santuario che non si trovava troppo lontano da lì. Mormorò un auspicio a fior di labbro, aspettando che la lettiga le passasse innanzi così da riprendere il proprio cammino verso casa, anche se non era molto sicura di voler fare una cosa simile. Ciò che le era stato confermato nella capanna della vecchia le rendeva alquanto penoso il ritorno nel ristretto ambiente del piccolo borgo in cui viveva. Sarebbe diventato sempre più difficile far convivere la quotidianità e il nuovo dono che ora albergava in lei.
Attendeva ancora, ma la lettiga non passò oltre, si fermò proprio lì, a pochi passi da lei, alzò appena lo sguardo, timorosa, cercando di scrutare nella penombra delle tendine con la semplice curiosità di una fanciulla del borgo. Non le importava di sapere se ci fosse lì dentro un anziano Reverendo, o una Madonna Badessa, voleva solo conoscere il volto di colui o colei, che s'aggirava in quei sentieri della notte; avvertiva una nuova e strana comunione. Le tendine pallide sussultarono un istante, poi le dita di una mano che doveva essere forte e decisa, ma che si muoveva in quel frangente con la grazia d'ali di farfalla, fecero capolino da quelle pieghe. Si mossero in qualcosa che parve a lei quasi come un invito; senza rendersene conto, fece un passo innanzi.     [ avanti » ]

di Nadja