Ed eccoli sullo sfondo di quel che stiamo guardando i maestosi e giganteschi alberi! Cupi, bui, maestosi e appena distinguibili l’uno dall’altro… Nei silenzi si sentono scricchiolii, soffi, squittii e tantissimi altre “voci” di ignoti esseri notturni che vivono fra quegli alberi e che suscitano subito la paura di una terribile minaccia per chi sta a guardare e ad ascoltare. Oggi forse attribuiremmo quei suoni strani e inaspettati solo a qualche bandito che magari potrebbe saltar fuori dal buio per assaltare la nostra izbà, se abbiamo tanta fantasia, oppure pensiamo ad un branco di lupi famelici che è là in agguato e rabbrividiamo per lo spavento, tanto da veder già scintillare le loro zanne nel chiarore lunare. Trasferiamoci indietro in quel tempo ed ecco che queste sensazioni di paura e di mistero, pur uguali a quelle odierne, suscitavano sentimenti molto più intensi. Quella cupa realtà, oggi quasi sempre scientificamente spiegabile, era oltremodo difficile da descrivere allora se non immaginandola abitata dai spiriti malevoli che agivano contro la nostra vita proprio di notte, proprio col buio.
Gli spiriti malevoli ad ogni buon conto esistono e agiscono protetti dal buio della notte e dal dio Cernobog. Chi sono? Quanti sono? Di solito si aggirano intorno all’izbà e sono uomini e donne morti non naturalmente, ma uccisi o affogati o morti al freddo o suicidi e, a causa di questo modo innaturale di essere morti, non sono riusciti ad essere accolti dalla Madre Umida Terra che li rifiuta, non facendoli passare nel mondo sotterraneo.
Anche quelli che i pietosi parenti hanno sepolto, con una tomba lontana dai sopki e dai kurgany di famiglia a causa dell’impurità del defunto, vagano inquieti nella notte.
Sicuramente confusi con gli spiriti malvagi del Paganesimo transilvano dal XV sec., sono chiamati vampiri (in russo antico upìr’) e si raccomanda a chiunque non voglia fare una brutta fine di non avvicinarsi troppo a loro e ai luoghi dove essi giacciono perché l’upyr’ si impadronirebbe di un tale incauto uomo curioso e lo metterebbe nella sua tomba al suo posto. Questi esseri hanno bisogno di nutrirsi e cercano aiuto dalle loro antiche famiglie o dai loro discendenti. Tornano così al villaggio con le sembianze di un amico o di un’amica ben conosciuta per riuscire a prendersi il corpo vivo di un uomo normale e portarselo via ovunque essi abitino.
I giorni più pericolosi erano proprio quelli del cosiddetto Semik quando si aggirano numerosi fra le izbe. Tuttavia in queste notti potevano persino essere interrogati per predire il futuro, dato che non vivevano più nella dimensione temporale umana. Guai però a venir fuori e a guardarli in viso! Gli upyri non sanno essere gentili e ricorrono facilmente alle brutalità o all’assalto improvviso. E fanno questo non solo con gli uomini, ma anche con gli animali di casa! Dunque ripetiamo, attenzione!
Nella foresta, dove vivono, hanno invece tantissimi alleati e d’inverno si pongono a capo di branchi di lupi affamati o si travestono essi stessi da lupi cercando di assaltare le izbe. Essendo ormai in parte disfatti, non sanno mangiare con la bocca e devono succhiare il sangue ai vivi: Sono diventati cioè dei lupi mannari! Aborriscono il Sole e perciò di giorno si nascondo nel folto e diventano invisibili, ma appena cala la notte e il cielo è dominato dal plenilunio, eccoli là ad ululare come lupe in calore.
Che fare per difendersi da loro?
Si suggerivano vari metodi. Prima di tutto bisognava trovare le loro tombe perché, se c’erano, il vampiro poteva essere neutralizzato meglio qui. In questo caso bastava porre sul cadavere o sulla copertura tombale un grosso pentolone di coccio con tanti carboni ardenti e lasciare il tutto a bruciare fuggendosene via. Il vampiro sarebbe scomparso per sempre. Probabilmente i kurgany o i sopki erano saccheggiati e maledetti dalla gente proprio a questo scopo nei giorni di Màsleniza e, addirittura, siccome in queste tombe erano sepolti dei nobili morti in guerra, nell’intreccio mitologico slavo questi stessi trapassati erano visti come i veri ed eterni vampiri originari che, anche da morti, riuscivano a tormentare gli smierdy nei villaggi continuando a comportarsi da… lupi famelici come quando, ancora in vita, venivano a prendersi i frutti del loro duro lavoro, sotto forma di tributo!

Uno scongiuro contro l’ululato minaccioso di cagne arrabbiate e lupe fameliche (raccolto da A. V. Kopylova, 2003)

Hai figliato da cieca ed ora sii muta!
Si ripete tre volte e si sputa tre volte volgendo la testa a sinistra.

Quando giunse il Cristianesimo il pop locale al Semik veniva chiamato a celebrare una liturgia apposita per le anime senza tomba stabile su una fossa comune vuota, sempre scavata lontanissima dal villaggio. Se non si fosse fatto ciò quegli upyri avrebbero portato siccità, carestia e malattia a tutti…     [ Vai a pagina: 2 » ]