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Era già una vittima del Rimpianto, per essersi fidato
di uno sconosciuto, per aver perso il lavoro che lo manteneva
e per tante altre cose, quando ricevette la più attesa
e tempestiva delle telefonate e, mai come in quel momento,
il lampeggiare della parola “sconosciuto” sul cellulare
gli rubò un sorriso. Ormai era così che Thomas era entrato
a far parte della sua vita, come lo “sconosciuto”.
- Allora, Jason, a quanto pare hai superato uno degli
ostacoli della tua vita..! -
Le risate di Thomas lo spiazzarono facendolo sentire come
un giocattolo nelle mani di un bambino viziato.
- Perché stai ridendo? Non ho risolto assolutamente nessuno
dei miei problemi, sono lo stesso di ieri, lo stesso di
sempre!.. Anzi per la verità sono senza lavoro (come tu
avevi previsto!) e senza una casa! -
Il sorriso era sparito troppo presto da quelle labbra
ancora una volta e con esso anche le flebili speranze
di una vita migliore. Non riusciva a non darsi dello stupido
visto l’esito delle cose.
- …(ridendo) oh Jason, sei perfetto per me! Comunque non
posso certo dirti che mi dispiace per quanto ti è successo,
poiché ho sinceramente voluto che accadesse, ma posso
dirti che da adesso le cose andranno meglio. -
- Cosa stai dicendo.. -
- Ti sto chiamando dalla mia macchina e sono proprio qui
di fronte. -
E infatti dall’altra parte della strada, c’era una lucentissima
berlina nera. Jason si avvicinò e Thomas aprì la portiera,
scese e si accese una sigaretta.
Jason stava fermo a guardare Thomas nella speranza che
gli dicesse qualcosa, ma lui rimase silenzioso nella sua
smorfia divertita.
- Thomas, ma..- si schiarì la voce- guardami, sono in
mezzo alla strada, letteralmente! Qual era il tuo piano?
Ti sei solo divertito.. -
In quell’ esatto momento Thomas gettò la sigaretta lontano
e colpì Jason in pieno viso facendolo cadere sull’asfalto.
Jason rimase in quello stato per un tempo che gli sembrò
infinito, e come al solito non sapeva cosa fare. Sentiva
gli occhi gonfiarsi di lacrime per il dolore: - Mi hai
dato un pugno!? Perché? -
Thomas scoppiò a ridere forte: - Vuoi la verità? L’ho
fatto perché mi andava. Odio i vittimismi: ”.. perché
a me mio dio mio dio non è giusto..”. Ho una domanda per
te: di chi credi che sia la colpa se la tua vita fa schifo?
- Furono le parole più dure che gli fossero mai state
rivolte, addirittura più dolorose del pugno di prima.
Jason cercava di rialzarsi, ma ad ogni tentativo era come
se qualcuno continuasse a spingerlo verso il basso ancora
e ancora. Sembrava che il momento del loro primo incontro
fosse destinato a ripetersi molte volte: lui piegato dal
dolore e l’altro in piedi come una divinità crudele e
beffarda.
- Sto aspettando. -
- Cristo santissimo, davvero vuoi che ti risponda?? Io..
io non lo so!! Ok? Non lo so di chi è la colpa! -
- E tutto questo non ti fa riflettere? Finalmente ti stai
rendendo conto che l’artefice della tua vita sei tu, nel
bene e nel male; nessun altro. -
- Stai dicendo che se sono uno sfigato è solo colpa mia?
Se sono depresso è solo colpa mia? Se vengo disprezzato
dai miei colleghi è solo colpa mia?? -
- Esatto. I tuoi colleghi, la gente, ti trattano come
tu vuoi che loro facciano. E io ti aiuterò a cambiare
il tuo punto di vista. -
- ..perchè?.. -
- Per ora ti basti sapere che sono un figlio di papà annoiato.
-
Scoppiò nuovamente a ridere e voltandosi per entrare in
macchina fece cenno a Jason che lo seguisse.
- E.. e la mia roba? Tutto quello che ho è in quelle scatole..!
-
Senza voltarsi Thomas rispose: - Prendi solo i documenti
e, se ne hai, gli oggetti di valore; per quanto riguarda
il resto lascia tutto e sali senza fare domande. -
Jason era sbalordito, ma seguì quelle richieste alla lettera
prendendo sostanzialmente una manciata di fogli. Si sentiva
di nuovo messo alla prova, ma non fece domande nel salire
in macchina. Non riusciva a capacitarsi di ciò che gli
veniva offerto. Il viaggio in auto sembrò durare molto,
ma ormai anche il tempo era divenuto illusorio per Jason.
Nessuno dei due aveva aperto bocca fino a quel momento,
anche se la lingua strepitava per chiedere.
- Dove stiamo andando..? -
- Te l’ho detto, verrai a vivere da me. -
Jason si sentiva ancora troppo a disagio, ma voleva sapere:
- Io non ho soldi… non posso ripagarti in alcun modo..
-
Thomas si mosse appena sbuffando come un bambino stufo
di sentirsi ripetere sempre le stesse cose.
- Frank, accosta subito per favore. - disse all’autista.
Frank obbedì appena gli fu possibile e fermò la macchina
in un posto isolato. Jason cominciò a pensare al peggio,
ma seguì Thomas scendendo dalla macchina. Il fatto che
Frank fosse rimasto dentro non lo rendeva affatto più
sicuro. Thomas accese la seconda sigaretta da quando si
erano rivisti.
- Vedi Jason, rischi di offendermi. Voglio che tu capisca
una cosa sola: non voglio i tuoi soldi. Credimi, ne ho
gia abbastanza da potermi permettere quello che sto facendo
senza problemi. Inoltre dovresti smettere di avere continuamente
paura di me: da adesso in poi dovrai considerarmi il tuo
unico amico, il tuo alleato. Ricordatelo. - Il respiro
di Jason si era fermato. - D’altro canto posso capire
la tua incertezza, ma se può esserti d’aiuto, sappi che
ti stavo tenendo d’occhio da un po’ e che ti ho scelto
tra molti. Eri effettivamente il caso più.. difficile,
e non dovresti lasciarti sfuggire questa occasione. Accetta
Jason, accetta e sarai riscattato! -
Mentre il ragazzo rifletteva sulla mancata casualità del
loro primo incontro, Thomas aspirò avidamente dalla sigaretta
e poi riprese: - Le cose stanno così: verrai a vivere
da me, non dovrai preoccuparti di nessun tipo di spesa,
avrai tutto ciò che vuoi a tua disposizione, tutto, ma
più di ogni altra cosa, scordati del tuo passato: con
me comincerai un’altra vita. -
- .. mia madre.. lei è.. -
- Tua madre è chiusa in una clinica psichiatrica da oltre
dieci anni. Lo so. Ma c’è chi si occupa di lei, e tu hai
un impegno con me. -
Jason aveva lo sguardo fisso a terra e stringeva i pugni
senza che se ne rendesse conto.
- Tuo padre ti ha abbandonato quando avevi 11 anni e un
anno dopo tua madre ha tentato il suicidio; ti hanno affidato
a un’altra famiglia, ma a quanto pare le cose non sono
migliorate più di tanto. E ora all’età di 25 anni non
ti resto che io. Sali. -
Improvvisamente, come risvegliato da un sonno durato tutta
una vita, - D’accordo, ma ad una condizione. -
Thomas si fermò e gettando la sigaretta disse: - Non ho
mai parlato di un accordo, Jason,.. ma va avanti: cosa
vuoi? -
L’altro alzò lo sguardo e lo implorò di renderlo una persona
nuova. Risalirono entrambi in macchina e Frank, guardando
nello specchietto retrovisore, domandò se fosse tutto
a posto, e al cenno di Thomas ripartì. Poco dopo erano
arrivati e Jason ebbe l’opportunità di rendersi conto
delle possibilità di cui disponeva il suo nuovo amico.
Era una villa enorme circondata da un parco di cui a prima
vista non si scorgeva neppure la fine.
- Benvenuto a casa, signorino! - furono le prime parole
che un maggiordomo rivolse a Thomas.
- Salve Mr. Jenkyns, le presento il nostro nuovo ospite,
Jason. Starà con noi per un bel po’. -
Il maggiordomo sembrava avvezzo a quel genere di stranezze,
tipiche del suo padrone, e non mostrò curiosità alcuna
verso il nuovo ospite.
- Molto lieto Mr. Jason. -
- oh, per favore.. Jason va bene. Comunque, piacere di
conoscerla.. -
Entrando, Thomas ordinò a Frank di occuparsi di “quella”
commissione. L’autista si rimise in macchina e partì senza
dire una parola.
- Finalmente a casa, non è vero Jason? -
Ormai J. Stava cominciando ad abituarsi a quella risata
e seguì Thomas senza pensarci.
- Già.. a casa.. - [
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