Canini finti e un sexycorpetto di latex: affascinante, atletica, indomita, arriva Selene (Kate Beckinsale), erede di Dracula e regina dei botteghini Usa. È la prima delle nuove eroine succhiasangue, protagoniste di fumetti, romanzi, film. Tutte belle e dannate.


«Sono una spacciatrice di morte, votata a distruggere i nemici. La nostra guerra si è protratta per secoli, invisibile agli occhi umani. Ma tutto questo sta per finire» dice la vampira Selene, una pupa completamente fasciata di latex, mostrando, se il cipiglio non fosse sufficiente, due maxipistole che fanno sembrare giocattoli quelle di solito usate dal principe delle carneficine, cioè il regista cinese John Woo.
Selene è la protagonista di Underworld, il film interrazziale che mischia la sua gente, principi e principesse della notte, con gli schiavi part time della luna piena, cioè i licantropi, chiamati con termine modaiolo «licas» (ma allora perché i vampiri non sono vamps?).
Le sue parole sono quanto mai profetiche: impossibile non accorgersi che siamo nel bel mezzo di un revival partito nel 1997 (centenario della pubblicazione del romanzo Dracula) e destinato a durare almeno fino al 2012, centenario della morte dell'autore, l'irlandese Bram Stoker. Romanzi, saggi, fumetti, convegni, musical, e un verbo, «vampirizzare», che è diventato una grande metafora.

Lo slogan potrebbe essere «Per favore, mordimi sul collo», invito esattamente contrario a quello del popolare film di Roman Polanski, una commedia entrata prepotentemente nel girone delle pellicole maledette perché era interpretata dalla moglie del regista Sharon Tate, che di lì a poco sarebbe stata massacrata all'ottavo mese di gravidanza dalla setta satanica di Charles Manson.
Underworld è un film nato a tavolino, con l'aiuto di infinite confezioni di birra, dai colloqui di due giovanotti di belle speranze, Len Wiseman (art director di film fantastici, da Godzilla a Independence day, e regista di videoclip e videogiochi) e Kevin Grevioux, altrettanto multiforme: attore, sceneggiatore e regista di corti. Si erano conosciuti sul set del film Stargate, nel 1993, e da allora si riunivano periodicamente per buttare giù idee.
La prima constatazione fu che era almeno dai tempi dei film in bianco e nero che vampiri e licantropi non dividevano lo schermo. La seconda fu di metodo: Grevioux ha un background inusitato a Hollywood (laurea in microbiologia, con specializzazione in ingegneria genetica), per cui lo slogan divenne «niente mitologia spicciola, ma un sano approccio scientifico alla materia»: vampiri e licantropi non si nasce, è il concetto, ma si diventa a causa di un virus: «La scienza» spiega «è la vera religione dei nostri tempi».

È una specie di virus anche la quantità di rimandi infilati nella trama: un po' Giulietta e Romeo, con la vampira Selene che si innamora del licantropo Michael (era un uomo, ma viene azzannato e trasformato in modo da creare una superrazza ibrida), un po' Il corvo e molto Matrix. Sarebbe ora di istituire una «tassa Wachowski» ogni volta che qualcuno li copia (ma nel cinema si preferisce la dizione «citare»): in Underworld capita per l'abbigliamento di Selene, una Trinity più sexy, nell'uso del rallentatore e nelle acrobazie. Infatti la banda del filo d'acciaio, gli esperti che permettono salti e capriole sollevando gli attori come marionette, era la stessa dei sequel di Matrix, capitanata da Brad Martin.

Il regista Wiseman dice ridendo di aver aggiornato un vecchio aforisma: «Per fare un film bastava una cinepresa, una ragazza e una pistola, come diceva Jean-Luc Godard; oggi ci vuole anche una tuta di latex»; ammette di essere stato agevolato dal fatto di essere nato a San Francisco, capitale del fetish, gli schizzi preparatori che mostrano la protagonista accucciata e pronta a spiccare il balzo si rifanno a una gloria locale, Midori, e a una sua famosa serie di foto chiamata della Gorgone.
Sono stati proprio i disegni di Wiseman che hanno convinto Kate Beckinsale ad accettare la parte. «I miei agenti mi avevano raccomandato di non accluderli, perché a Hollywood non si fa, e rischiavamo l'effetto B-movie» ironizza Wiseman. «Invece, non fosse stato per quelli, non avrei neanche aperto la sceneggiatura» dice Kate, giovane attrice inglese emergente, finora nota come eroina romantica (Serendipity), entusiasta di lenti a contatto colorate, canini finti e una lozione di acqua e olio d'oliva sui capelli.
Per le acrobazie si è affidata al suo passato di ballerina, «attenta a non atterrare sulle punte», mentre nel caricare e scaricare non ha avuto problemi: «Sono stata agevolata dalle mani grandissime stessa taglia di quelle di Ben Affleck; lo so perché sul set di Pearl Harbor ce le siamo misurate».

Girato a Budapest per 21 milioni di dollari, Underworld ne ha incassati 50, e sono già in preparazione sia un prequel sia un sequel. Kate ha partecipato a poche promozioni del film, per cercare di evitare domande personali: durante la lavorazione ha lasciato il suo partner (il vampiro Lucian, cioè Michael Sheen, da cui ha una figlia di quattro anni) e si è fidanzata con Wiseman, che le riempiva la stanza di gigli, il suo fiore preferito.
Dovrebbe essere più imbarazzata a spiegare come mai ha tradito la Selene per interpretare Anna, cacciatrice di vampiri, nel film Van Helsing con il nuovo bello di Hollywood, Hugh Jackman.
È il più atteso della dozzina di film vampireschi in preparazione, compreso Blade Trinity, tratto dalla serie di fumetti Marvel. Ma anche il nemico licantropo va forte: sarà protagonista in sette nuovi film, in più ha una partecipazione straordinaria in Big Fish di Tim Burton, interpretato da Danny De Vito, un proprietario di circo che di notte ulula alla luna piena, tutto nudo e peloso.


Marco Giovannini