Parte prima

Voglio lasciare scritte su queste pagine una storia che supera la razionalità dell’uomo moderno.
Tutto ebbe inizio una notte, una notte di primavera del 2010.
Ricordo tutto perfettamente nonostante siano passati diversi anni. L’aria era frizzante, il vento soffiava dolcemente portando un soffice profumo di gelsomino. Ero solo, ma non ero solo, ero circondato da migliaia di occhi che mi osservavano, occhi appartenenti a silenziose creature notturne che abitano gli alberi. Tali alberi ,mi accorsi quando lo vidi, circondavano un vecchio castello del XVI secolo ormai in rovina ma chenonostante ciò riusciva ancora a mostrare flebili tracce del suo splendore passato.
La sua vista mi incuriosì. Vedendolo a quell’ora, nell’oscurità rischiarata dalla luna , provai una serie di sensazioni contrastanti notando un che di sublime che si sposava con il sentimento di decadenza e di morte.
Non avrei mai immaginato che la mia curiosità avrebbe portato tali sciagure alla mia vita trasformandola in un incubo. Sarebbe bastato lasciar perdere e andare avanti per la mia strada e l’orrendo segreto sarebbe rimasto sepolto fra quelle mura decrepite e non mi avrebbe costretto a un’esistenza dannata nel momento in cui i miei occhi si posarono su di lui.
Eppure qualcosa dentro di me spesso mi ha portato a pensare che mi aspettava. Si, ancora oggi, col senno di poi , sono convinto che quando scorsi quel maniero abbandonato una forza sconosciuta mi attirò, mi spinse a varcare quella soglia,qualcuno, o qualcosa mi stava chiamando a se.
In breve tempo arrivai davanti a una grande porta in legno di quercia corrosa dai tarli. Era chiusa, serrata dall’interno.
Improvvisamente sentì un rumore meccanico, come di vecchi ingranaggi che riprendevano a girare dopo anni di immobilismo.
Notai infatti che emettevano un forte stridìo causato dalla ruggine che si era creata nel corso del tempo. Quando la porta si spalancò davanti a me si apriva un lungo corridoio. Iniziai lentamente a percorrerlo. Ricordo che ogni passo che facevo si accompagnava alla tentazione di tornare indietro. I miei sensi avvertivano un che di malsano che dimorava fra quelle mura.
L’eco dei miei passi risuonava in tutto l’ambiente insieme al rumore dell’acqua che percolava dagli interstizi sul soffitto producendo una melodia angosciante. Giunsi in un’ampia sala circolare, probabilmente la sala principale del castello, in fondo a destra c’era un vecchio camino coperto di polvere e di spesse ragnatele, dentro un mucchietto di cenere e pezzetti di legno carbonizzato, resti dell’ultimo fuoco che aveva riscaldato quelle pareti. Al centro c’era un grosso tavolo rettangolare di mogano circondato da grosse sedie anch’esse in legno pregiato intagliate con fregi decorativi. La sala si ramificava in due direzioni al termine delle quali iniziavano due grosse rampe di scale in pietra che portavano ai piani superiori. Andai sul lato destro. Quando fui ai piedi di una delle due grosse scalinate avvertì di nuovo quella forza sconosciuta che mi attirava. Ero come un oggetto di metallo attirato inevitabilmente dalla energia attrattiva di un magnete.
Salì i gradini lentamente senza più opporre la minima resistenza.
Eccomi infine davanti a una porta spalancata di una camera che si trovava praticamente davanti alle scale. Guardai dentro. C’era al centro un grosso letto di legno pregiato con lenzuola bianche.
Su di esso giaceva immobile la figura di una donna. Indossava un abito di seta bianca, i capelli erano lisci e neri come la notte.
La sua pelle era bianca quasi come il vestito che indossava. Le mani incrociate sul petto. Guardai il viso rimando esterrefatto dalla sua bellezza. Non avevo mai visto lineamenti così delicati e perfetti.
La pelle sembrava modellata dalle mani di un artista che aveva voluto creare l’immagine stessa della bellezza. La labbra erano sottili e morbide. Ai bordi di questa mi accorsi era rimasta traccia di un rivolo che aveva lasciato una traccia rossa ormai opacizzata dal tempo. Guardai più attentamente: era sangue. Sul collo portava un medaglione d’oro su cui era stato incisa l’immagine di un serpente alato che si scagliava furente contro una croce splendente.
Improvvisamente sentì un rumore, dei passi, qualcuno stava salendo le scale. Un brivido mi corse lungo la schiena.
Istintivamente corsi a nascondermi dietro la porta.
Pochi istanti dopo vidi una figura che goffamente, con passi pesanti faceva il suo ingresso nella camera. Era un uomo di mezza età, corpulento, sovrappeso, il suo abbigliamento era trasandato e puntellato di macchie di umido e di grasso, il viso circondato da un barba lunga e incolta. Emetteva dei suoni sconnessi mentre si avvicinava barcollando al letto. Doveva essere un senza tetto, era ubriaco, evidentemente cercava qualcosa da rubare in un castello vecchio abbandonato. Si fermò sulla sponda del letto e rimase a osservare per un momento la donna, poi guardò il medaglione che aveva sul collo, lo prese e lo avvicinò agli occhi per guardarlo meglio. Doveva essersi accorto del valore dell’oggetto perché emise una risatina sguaiata che denotava la soddisfazione di aver trovato qualcosa di prezioso da usare per i suoi bassi bisogni. In quel momento accadde qualcosa che la mia mente non potrà mai cancellare e che ha sconvolto per sempre la mia anima.
La donna che giaceva sul letto improvvisamente emise come un ruggito selvaggio azzannando l’uomo. Vidi con orrore la sua bocca famelica che affondava i denti nella sua gola mentre quello urlando si dibatteva cercando di liberarsi. Poco dopo l’uomo smise di lottare abbandonandosi inerme a quella stretta mortale.
La donna lo lasciò cadere a terra come una zavorra .
La sua bocca era coperta di sangue che iniziò a leccarsi con la Lingua per ripulirsi. Sul collo dell’uomo vidi due grossi fori scuri e profondi da cui a stento ancora colava qualche goccia di fluido vitale di cui era stato quasi del tutto prosciugato.
Quando ebbe cessato di gustare il sapore del sangue di cui si era appena nutrita si voltò verso di me. Il mio stupore, la mia incredulità mi avevano completamente lasciato impotente facendomi dimenticare il mio nascondiglio dal quale senza accorgermi ero uscito. Quella creatura restò per un istante sul letto a fissarmi, poi lentamente iniziò ad avvicinarsi. Quando mi fu vicino allungò una mano accarezzandomi il viso, la sua bocca si allungo socchiudendosi in un sorriso dolce ma che esprimeva una bramosia felina, come un leone che assapora una preda che stà per divorare, dalle sue labbra spuntavano lunghi canini ancora sporchi del sangue che avevano sunto .
Afferratomi per un braccio mi portò verso il letto .Mi adagio sulle lenzuola. Lentamente con la mano avvicinò la mia bocca alla sua e le nostre labbra si unirono in un bacio infinito.
Le sue braccia mi si strinsero al collo. Anch’io fui vinto dal desiderio e la strinsi a mia volta . Sentì il suo seno morbido e prosperoso schiacciarsi contro il mio petto.
Non aveva solo fame di sangue ma anche di amore, di passione. Fu così che in quella notte di sangue, morte o non morte, sancì la mia unione con una creatura magnifica e terrificante allo stesso tempo, divenendo vittima di un amore maledetto perché il mio cuore, il cuore di un anima purificata fin dalla sua nascita dal battesimo cristiano, mondatore di ogni peccato, batteva ora per una creatura da secoli non più toccata dalla grazia divina ma sapevo anche dentro di me che gli amori più grandi sono quelli maledetti. Una valle oscura dove non risplende più la luce della salvezza ma il buio della perdizione, attraversata da fiumi di sangue.
Dovevo essere caduto in un sonno profondo perché quando aprì gli occhi vidi i raggi del solo entrare nella stanza .
Ero disteso sul letto ma la donna era sparita e conlei anche il corpo del povero malcapitato con cui si era sfamata.
Lentamente mi alzai, mi diressi verso la porta e reggendomi a stento scesi le scale ritrovandomi di nuovo nel salone centrale che avevo visto la notte precedente. La porta di ingresso era aperta e quando varcai la soglia fui investito dalla calda luce del mattino che rischiarava la selva boscosa circondante il castello dandogli un aspetto del tutto opposto a quello che mi aveva mostrato la notte passata. Quando fui sulla strada fermai una macchina e mi feci dare un passaggio fino in città.
Il conducente, quando si fermò, notò il mio aspetto emaciato e sconvolto e con cortesia mi aiutò con calma a salire. Mi chiese se volevo andare all’ospedale ma risposi di no. Volevo solo tornare a casa.
I giorni che seguirono li trascorsi al letto, in preda a una violenta febbre intervallata da momenti di delirio a cui i miei non riuscivano a darsi una spiegazione. La diagnosi del medico, che per un paio di volte venne a visitarmi, fu che ero preda di un delirio confusionale provocato da un violento shock che dovevo aver subito la notte precedente ,il che non era del tutto sbagliato visto che i miei vaneggiamenti si manifestavano soprattutto di notte al soffiare del vento che scuoteva gli alberi e che portava quell’inconfondibile odore di gelsomino.
Una settimana dopo ero guarito. Era un sabato mattina di luglio eil solo era luminoso e caldo. Decisi di alzarmi e di uscire. Avevo voglia di immergermi di nuovo nella vita di tutti i giorni, stare in mezzo alla gente, scrollarmi di dosso il ricordo malsano di quello che mi era accaduto. Sul tavolo mia madre mi aveva lasciato la colazione. Mangiai avidamente due fette biscottate con marmellata e bevvi del caffelatte.
Mi feci una doccia rinfrescante e mi misi degli abiti puliti che tirai fuori dal cassetto scegliendo bene il colore della maglietta e dei calzoni che decisi di abbinare. Per entrambi optai per il bianco che mi richiamava l’immagine della purezza, un concetto che avevo desiderio di recuperare per mondarmi dal male che mi aveva contagiato. Fuori faceva caldo ma in compenso tirava un debole venticello che attutiva la calura estiva.
Mi diressi in centro dove sapevo c’era sempre un grosso via vai di persone che popolavano i locali, i bar e i centri commerciali.
Passai davanti a un’ edicola ed entrai per vedere di acquistare il giornale che solitamente leggevo. Ad un tratto notai il titolo su una delle locandine appese fuori che mi lasciò di ghiaccio.
Trovati tre cadaveri dissanguati nel canale discolo, entrambi presentavano due grossi fori sulla gola, atto che rimanda al vampirismo.     [ Vai a pagina: 2 » ]

di Simone D’Amata