La notte scese, bagnando la terra delle sue lacrime nere. L’uomo guardava per la dodicesima volta dalla sua finestra la donna della casa accanto, che suonava come sempre la sua arpa. I capelli rosso cupo le cadevano sopra il viso bianco di porcellana e le sue dita lunghe giocavano con le corde, creando una triste melodia. Ah… l’uomo sospirò, ascoltando quei suoni divini che accarezzavano i suoi sensi. Appoggiato sulla sua finestra si annegava nella nuova storia melodiosa che la sua musa faceva nascere dalle sue dita.
“Triste,” sussurrò lui… “ Perché sei così triste?”
Era la dodicesima notte in cui la vedeva e il desiderio di parlarle cresceva dentro di lui. Come sempre, lei finiva il suo concerto a mezzanotte e poi andava via, perdendosi nella profondità del buio. Avrebbe voluto fermarla per rimanere un altro po’ accanto all’arpa, solo per il suo desiderio. La mente di un uomo può inibirsi qualche volta, senza più sorprendere il ponte che divide la realtà dal sogno. L’uomo soffrì proprio questo blocco. I suoi passi si affrettavano a salire la cancellata che separava le due case e si avvicinò alla finestra che si aprì, come un quadro di Monet, davanti ai suoi occhi. Lei abbracciava l’arpa, più affamata delle sue note, come se tutta la sua passione si disperdesse attraverso quelle canzone. E lui… la sentiva…sì…sentiva la sua passione ardente…
“Perché sei così triste?” sussurrò lui un’altra volta.
Lei si fermò… Il silenzio gelò entrambi, facendoli sembrare due statue senza vita…lui nascosto dietro la finestra…e lei dietro l’arpa. Lo sguardo della donna era accigliato, cercando di trafiggere il buio fuori, per vedere l’intruso. L’uomo era spaventato, perso in mille pensieri.
“Oh, Dio! Sa che sono qui…Che le dico? Sono uno scemo…Mi piace come suona! Sì… questo le dico… No! Che stronzata! Hmm! La sua tristezza mi ha toccato e mi ha fatto venire fin qui. No! Che idiota sono… ma… questa è la verità.”
Una lunga risata interruppe quel silenzio pesante e l’uomo smise di pensare. Era la sua risata,
“So che sei alla finestra, intruso. Sarebbe più cortese bussare alla porta…” disse lei. Pochi secondi si dissiparono nell’aria, quando si sentì bussare alla porta.
“Entra!” ordinò lei. La porta si aprì e l’uomo entrò con un sguardo confuso…
“Siediti e ascolta la mia musica perché questa sarà l’ultima cosa che sentirai,” sorrise lei diabolicamente.
Lui cadde sulla sedia, spaventato, e lei iniziò di nuovo suonare l’arpa, ma questa volta suonava una canzone veloce e ricca di note allegre, che terminò in La maggiore, un dolce La che svanì nel vuoto della stanza. La donna si alzò e con passi rapidi si avvicinò a lui, ma l’uomo, confuso, la fermo con una domanda:
“Perché adesso hai suonato una melodia allegra?”
Lei si fermò, cercando una risposta, ma non la trovò… Era delusa…Tutti i suoi pensieri oscuri volarono via e non rimasse che il suo sguardo fisso su quel volto innocente. Un indugio interruppe la sua bramosia di sangue, accontentandosi solo con un sorriso freddo…
“Vieni anche domani notte!” gli disse lei. ”Adesso io devo andarmene.”

* * *

La seconda notte l’uomo era di nuovo là, così anche la terza, la quarta…la decima. Le notti trascorrevano piacevolmente…lei suonava per lui, lui la baciava…lei lo toccava…lui l’abbracciava… lei l’illudeva… lui non la lasciava… finché lei lo amò… finché lui la amò. Avevano passato tante notti insieme e lei adesso lo osservava mentre dormiva, sfinito nel letto - un angelo senza ali, un mortale… ma lo amava e si chiedeva:
“Come può un demone amare un angelo?”
“Sono domande senza risposta, sorella,” apostrofò la voce di un uomo che si nascondeva nel buio.
Ma lei sapeva chi era - un demone come lei, un vampiro che si ubriacava con l’elisir chiamato sangue.
“Perché sei venuto qui, fratello?” sussurrò lei per non svegliare il suo amante. “Sono passate tante notti da quando ti sei allontanata dal nostro branco. Ti abbiamo vista tutti in compagnia di questo mortale…”
“Non ho sbagliato niente.” incalzò lei.
“No, cara sorella. Non ti accusiamo di niente. L’amore è una cosa meravigliosa. Anche noi l’abbiamo sentito percorrere le nostre anime dannate…”
“Allora che vuoi, fratello?”
“Tutti abbiamo letto nell’anima di questo mortale. Lui ti ama..”
“Lo so…” si rivolse lei.
“Sì, ma abbiamo visto in lui una luce bellissima che è difficile trovare tra i mortali. Lui potrebbe essere un vampiro stupendo.”
“No! Mai,” si rivoltò lei.” Non lo butterei mai in questo incubo. Lui è un angelo. Non gli ruberei mai la sua luce divina.”
“Noi non sopportiamo la tua lontananza, sorella. Trasformalo in vampiro e torna da noi insieme a lui.”
“Mai…”
“Tu lo ami, lui ti ama…il vostro amore sarà eterno.”
“Sarà soltanto un amore dannato. Non posso tarpare le sue ali.
“Se tu non lo farai, la faremo noi per il tuo bene.”
“Non avete il diritto di scegliere per me.”
“Oh, sì, sorella! Sì che abbiamo. In futuro ci ringrazierai. Rifletti fino a domani notte. Se non lo farai tu, lo faremo noi.”
E il vampiro sparì nel freddo della notte. La donna si sedette accanto all’arpa, lacerata dal dolore. Lanciò un ultimo sguardo all’angelo che dormiva e iniziò di nuovo a suonare dal profondo del suo cuore. I suoni si dispersero nell’aria per essere uditi dall’angelo mortale che si svegliò con un sorriso sulle labbra. Si alzò dal letto e si avvicinò a lei, mettendo le sue mani calde sulla sua pelle di ghiaccio. Due lacrime di sangue colarono sulle sue guance pallide, ma non osò a voltare lo sguardo. Continuò a suonare più sconsolata, più melanconia, più nostalgica…una canzone che riusciva sfiorare la luna e le stelle. E lui…sì, lui…si abbassò felice e le baciò il collo. Un caldo brivido d’amore le penetrò il corpo e lei smise di suonare. Alzò la suo mano brandendo nell’aria un coltello, che affondò nella carne di un essere. Lei rimase immobile come le altre volte, con il coltello sporco del suo sangue e lui in ginocchio, spaventato come la prima volta… La morte iniziava a regnare nel suo corpo.
“Perché l’hai fatto?” chiese lui emettendo l’ultimo sospiro.
“Per amore, angelo mio. Tu devi volare, non cadere…”

di Amadeus