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Dopo il crepuscolo la notte iniziò a disegnarsi, coprendo come un mantello scuro le colline a est. Dal parapetto della finestra, lei attese con calma. Gli occhi le brillavano intensi, piccoli smeraldi nell'ombra.
Il desiderio iniziò a crescerle dentro, disperato e inesorabile. Il viso
pallido e dolce non tradì per alcuna emozione. Ava assaporò quelle ore
magiche, ammirando lo spettacolo del tempo che si fermava tra le stelle.
Poi si accorse di qualcos'altro.
Una luce flebile risalì il viale che conduceva al castello tra i boschi,
l'unica via di comunicazione esistente con il paese. Una lanterna,
probabilmente. La giovane donna sorrise. La sua vestaglia di seta viola
svolazzò via in un colpo morbido. Alla finestra non rimase che il buio.
Lui l'aveva vista. Era un sogno, certo, un altro stupido sogno, ma lei
era così attraente e misteriosa. Stavano giocando a scacchi in un luogo
senza nome. Lei sorrise mentre faceva la sua mossa. Lui invece non
riusciva a concentrarsi alla partita, rapito dalla figura della donna.
Poi allungò il braccio per muovere il pedone ma accadde tutto alla svelta,
senza controllo.
La pedina della regina si ingigantì mentre un soffio di vento gelido
scaraventò lontano la scacchiera. Lei rise con malizia. Tutto intorno
tremava e la pedina si trasformò in un enorme pipistrello imbrattato di
sangue. Lui gridò alle ombre, al pericolo, al buio soffocante. Ma il
pipistrello, anzichè aggredirlo, spiccò il volo portando via la donna
mentre ancora rideva. Lui cadde in una voragine, senza speranza, in
preda al terrore. Al risveglio, ansimante, riflettè a lungo sull'ultima
immagine del sogno, quel castello in fondo ai boschi illuminato dalla
luna. E capì.
Un fruscio sommesso nella sala aperta. Ava ascoltò immobile, quasi
fremendo dal piacere. Lui era arrivato, finalmente. Lo aveva aspettato
con pazienza, fin dal termine della luce solare così invadente di quel
giorno. Ne riuscì a distinguere soltanto la sagoma alta e consistente.
Aveva spento la sua lanterna e rimasero entrambi in quella lugubre
penombra, distanziati dal vuoto che parve eterno. Un lungo sospiro, poi
la sua voce chiara tagliò il silenzio.
- Ho fatto un sogno, Ava.
Lei gli sorrise dolcemente e il bianco dei suoi incisivi scintillò come
argento. Avanzò di un passo, silenziosa come una gatta. Lui strinse i
palmi delle mani e sospirò ancora.
- E' stato breve ma intenso. C'eri tu.
Ava mosse l'altro piede.
- I sogni possono essere lo specchio della vita. Sono come le emozioni
che ci fanno assaporare ciò che facciamo.
Lui deglutì e sfilò lentamente qualcosa dalla cintura.
- E dimmi, mio caro... cosa accaduto? Cosa hai potuto ammirare in
quello specchio?
L'uomo le si avvicinò, senza rispondere. Ava fu più lesta e riuscì ad
abbracciarlo. Il suo corpo era caldo come l'inferno.
- Ho visto quello che non riuscivo a intuire.
Ava continuava a tremare, stavolta per un alone di angoscia che
bisbigliava un sospetto nella mente offuscata dalla sete.
- Allora ti stato utile...
- Si, è così. Ma tu tremi, Ava. Perchè?
Lei scosse la testa e si strinse al suo petto. Poi avvicinò le labbra
fredde e morbide sul collo, così pulsante di quella vita che lei voleva
bere. La lama affilata del coltello dell'uomo intervenne fulminea.
Straziò con violenza e precisione il petto di Ava, all'altezza del cuore.
Lei si accasciò, coperta dal suo stesso sangue. Rantolò al buio con gli
occhi colmi di sorpresa e dolore. Lui si inginocchiò e la baciò sulla
fronte.
- Vuoi sapere cosa ho visto? La morte che riuscita a vincere l'amore,
il mio amore per te, Ava. La morte avrebbe dovuto colpirmi e invece ha
portato via solo te. Dunque mi stata concessa un'altra occasione per
vivere...
La bella vampira spirò e lui le chiuse le palpebre. L'uomo che aveva sognato di precipitare in un abisso infinito fissò quel corpo ormai anonimo.
Poi iniziò il suo nuovo pasto.
di Univers
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