Un'altra, quante ne sarebbero passate ancora?
Sempre diverse eppure tutte uguali.
Ridenti e vuote...vittime...nient'altro...
Corpi caldi contro le sue labbra fredde...Non ne poteva più.
Con uno scatto della mano gettò via la sigaretta che teneva tra le dita, e s'appoggiò a braccia conserte contro la parete alle sue spalle. Già, sempre le stesse...lo saziavano appena...ma non poteva durare in eterno, se era rimasto lì fuori, a lasciarsi spettinare dalla brezza, un motivo c'era.
Aspettava, non sapeva bene nemmeno lui cosa...o meglio chi. Ma l'aspettava, adesso finalmente l'aveva capito. La stava aspettando, non sapeva né come né quando, ma sarebbe arrivata...solo per lui...sua...per l'eternità... Un sorriso lieve, riflesso di qualche pensiero faceto, mosse le labbra sciogliendole in una linea seducente, schiudendole appena lasciando intuire la bianchezza dei denti. Aveva cercato per troppo tempo, non aveva fatto che cercare, lui.
Ne aveva collezionate così tante, che a stento le ricordava.
E di quelle, nessuna era stata importante, nessuna come LEI. Lei che aspettava adesso, fermo su quella terrazza mentre osservava la gente passare inquieta e incauta sotto di lui. Del tutto ignara. Del tutto anonima.
Un rumore, un movimento, e molti avrebbero alzato furtivi gli occhi verso quel luogo che avrebbe dovuto essere disabitato, verso di lui che non avrebbe dovuto starsene lì, ad aspettare...
Ad aspettarla.
Quanto al riconoscerla...
Lei l'avrebbe riconosciuto, lei avrebbe sentito il richiamo sottile di quel filo teso tra loro. Sospeso tra i loro cuori, le loro menti ed i loro corpi. Sarebbe bastato uno sguardo ai due occhi alzati verso quella penombra, che avrebbe dovuto essere vuota, per sentire chiaro, intenso, quel legame.
C'era un legame, lo sentiva anche adesso. L'aveva sentito da sempre, attraverso lo spazio, oltre lo scorrere irrefrenabile del tempo, che l'aveva trascinato con sé fino a lì. Sentiva la tensione di qualcosa che lo costringeva a cercare oltre i corpi belli e seducenti sotto di lui...oltre il desiderio ed il sapore del sangue...
Verso il mare, verso il cielo...Possibile che dovesse giungergli da lì?
Forse sì, dato che lui era ciò che di più legato al suolo, alla terra, al fuoco, potesse esserci.
Da tempo ormai sapeva che lei c'era, da qualche parte, che sarebbe arrivata, prima o poi, e che non avrebbe dovuto far altro che aspettarla, attenderla, senza dover correre per tutto il mondo a cercarla...però questa sera, quelle stelle, il mare agitato, che sembrava invocare solo una mano che lo rendesse docile, avevano il sapore di misteriosi presagi, presagi cupi.
E lui viveva dei presagi, di quello che la terra diceva al suoi occhi, ai suoi sensi, alla sua mente.
Ma aspettare stava diventando un tormento, uno strazio.
Lo lacerava e lo sfiniva come nient'altro aveva saputo fare...
Perché quel filo teso, quel legame saldo, se nulla ancora doveva accadere, se doveva aspettare ancora così tanto? prima che lei tornasse a fare ancora parte di lui, com'era stato prima del mondo, prima di ogni cosa, della coscienza stessa di sé?
Lei c'era, lo sapeva, l'aveva sentita chiamarlo, invocare terra e cielo perché le dicessero dov'era, perché le indicassero la via verso ciò che le apparteneva, a cui era destinata dal primo istante in cui l'aria aveva gonfiato i suoi piccoli polmoni di neonata...quel qualcosa a cui non avrebbe potuto sottrarsi...
Sarebbe giunta...e nulla avrebbe potuto fermarla...nulla...
Si mosse appena sul piccolo pavimento di marmo senza ringhiere, senza balaustra.
Precipitare nel vuoto...
Ancora un sorriso sulle belle labbra, un lampo negli occhi socchiusi come quelli di un felino insonnolito. No! niente tuffi a capofitto, niente pericoli prima che lei fosse stata lì...prima che fossero finalmente insieme...come una cosa sola...
Era tutto quello per cui aveva sempre combattuto, fin da quando era un bambino. Prima ancora di divenire ciò che era...
Non l'aveva saputo, ma ogni battaglia, ogni cazzotto preso, ogni calcio restituito, erano solo per lei, per essere qui, in questo momento, dove lei avrebbe saputo trovarlo, oltre il tempo ed oltre lo spazio. Oltre se stessa.
O era solo pazzo?
Perché tutto doveva sapere così di follia se lo sentiva vivo e giusto fin in ogni fibra del suo essere, se sentiva che chiunque avesse avuto il coraggio di scavare, di cercare o di aspettare, avrebbe capito che era giusto, che solo questa, era l'unica cosa giusta in tutto questo mondo folle ed osceno?
Si scostò dalla parete e fece cauto pochi passi su e giù sul terrazzino appena lambito dalla luce giallastra dei lampioni più in basso.
Pochi pezzetti d'intonaco colpiti dalle sue scarpe volarono di sotto. Qualcuno alzò il capo a cercarlo nelle ombre.
Si ritrasse con un sorriso appena ironico alla volta di chi aveva fatto saettare occhi diffidenti e curiosi verso di lui. Certo, che guardassero pure, non era per loro che stava lì, come nella sua piccola vetrina, fermo come una statua, silente e saggio come una quercia.
Il desiderio di conoscerla, di un contatto qualunque con lei, l'incrociarsi fugare di uno sguardo, la fragranza sottile del suo profumo tra le dita, la morbidezza dei suoi capelli sulle labbra, erano già di per sé abbastanza perché aspettasse ancora, perché si lasciasse toccare dalla brezza e guardare dalle stelle.
Al mattino, se non fosse giunta, l'incanto si sarebbe spezzato, e tutto sarebbe finito, scemando piano e scomparendo nel suo sonno incosciente, come mai esistito, alla luce del sole inclemente, al calore di quel lontanissimo fuoco bruciante, il filo teso si sarebbe spezzato...Una volta ancora...
Ma lei era fatta di aria, di acqua, lieve e impalpabile sarebbe giunta prima o poi a lui, silenziosa, in un'altra notte, in un'altra delle sue infinite notti...e allora avrebbe potuto ABBRACCIARLA, avrebbe potuto farla divenire una parte di sé...e sarebbero stati insieme per l'eternità...così com'era scritto...

di Nadja