Aveva sete. Glr occhi chiusi, le labbra strette. Camminava, pochi passiper poi tornare indietro e riprendere, ancora una volta. Aveva sete.
Un rumore rauco e monotono si propagava ad ogni respiro e ad ogni suo respiro la gola le si contorceva, stringeva, soffocava. Ma lei rimaneva lì, calma, camminando e aspettando. E il momento arrivò, come ogni giorno.
La porta si aprì, pochi passi, un rumore sordo sul pavimento. Ogni giorno così, probabilmente alla stessa ora. Ma avrebbe continuato, avrebbe tenuto gli occhi chiusi, ancora una volta. Si bloccò, voltò il capo, come alla ricerca di qualcosa. Uno spiraglio e schiuse le ciglia, stette lì, ferma, le richiuse. Si accasciò sul pavimento, gelido. Spalancò la bocca, come un cane morente inspirò e il dolore lentamente nacque in lei, facendola tremare. Si strinse a se, perse i sensi.
Da quant'era che la tenevano chiusa lì dentro? All'inizio aveva cercato di tenere il conto, ma i giorni avevano tutti la stessa durata, tutti quanti, come le ore e i minuti. Poi aveva smesso. Era notte o giorno quando si riprese? Un movimento sotto le palpebre e si tirò su. A tentoni cercò
attorno a se, trovò la ciotola e se la portò alle labbra, bianche. Bevve, tutto d'un fiato, avidamente. L'acqua le bruci la gola. Vomit. Si asciugò la bocca con il dorso della mano. Cominci a piangere. Era così, ogni giorno, alla stessa ora. Ed era stanca.
Aveva l'abitudine di dormire poco, era difficile conciliare il sonno con tutta quella luce. Gli occhi non potevano abituarsi, erano avvezzati al buio, alla dolcezza del crepuscolo. Era una tortura o semplicemente da morta era arrivata all'inferno. Lei, che aveva sempre vissuto di notte,
ora era condannata alla luce eterna.
Se almeno avesse saputo il perchè Sola, lì dentro, ancora sentirsi sola.
Lo era sempre stata. Sola, tremendamente sola. Notti intere passate a ballare in locali, sporchi, ad un tavolo bevendo birra o nei boschi, a guardar la luna piangere assieme a lei. Un Pierrot con le guance macchiate di fard. E non erano un problema le limitazioni, la mancanza
di cibo, anoressica a quindici anni, ne le lacrime. Anzi, si stupiva di poterne versare ancora. E ricordava, il giorno in cui era andata via di casa, sua madre alla stazione e lei che avrebbe desiderato vederlo un'ultima volta, prima di partire. Ma suo padre non era venuto.
E' orgoglioso, lo conosci, le avevano detto, prima che il treno cominciasse a muoversi. Una città che non era la sua, via da una realtà che non le apparteneva. E un'altra forse peggiore ad attenderla. Ma che importava.
Ciò che invece non sopportava era la luce. Tutta quella luce, irradiata da ogni angolo della stanza. Quella luce accecante che la costringeva a tenere gli occhi chiusi, che le raschiava la pelle. Per lei la vita non era mai stata niente di speciale, ma quale tortura sarebbe potuta esser peggiore?
Il suo unico rammarico era stato l'università. Avrebbe voluto finirla, il sogno di diventare scrittrice. Ed invece faceva quel lavoro monotono, ogni giorno a contatto con la moglie isterica del capo. Perchè non la facevano finita? Si sollevò, esausta, la pelle del viso salata dalle lacrime. Ricominciò a camminare, cercando di non smettere di pensare, parlando a voce alta, per non dimenticare quale suono avesse. Era quello l'unico modo per non impazzire. La stanza era lunga solo pochi metri, ne aveva contati approssimativamente sei, e larga circa la metà.
La puzza di urina le saturava le narici, la gola le aveva ripreso a fare male, a pulsare, quei bastardi le davano un giorno acqua bollente e l'altro acqua
ghiacciata. Quanti anni erano che la tenevano lì dentro?

Alcuni giorni dopo la situazione non era cambiata. Sempre la stessa storia, la luce, gli occhi chiusi, la scodella d'acqua, le lacrime. Morirò qui, così, pensava. E non camminava nemmeno più, ne parlava, a malapena riusciva a pensare. Morirò qui, così. Poi avvenne qualcosa. Sentì la porta aprirsi, ma non poteva essere la distribuzione dell'acqua. Le luci si spensero, improvvisamente. Aprì gli occhi, piano, forse desiderando di non vedere quel che le si apprestava.
Ma lo fece, osservò. E un ombra era lì, davanti a lei, che la prese per mano invitandola ad uscire.


di Eric Dron