[ « indietro ]     Quella mattina mi svegliai con un mal di testa che noi era soliti chiamare "G.D.S.", giorno dopo sbronza e dopo aver fatto una colazione senza il minimo desiderio, presi trenta gocce di Novalgina che non ne vollero sapere di fare l'effetto per la quale le hanno inventate. Mi telefonò Michele raccontandomi quel che era successo la sera prima dopo che andai a sedermi con le ragazze, io non ne ricordavo un granché, sapevo solo che quel pomeriggio avevo un appuntamento con una ragazza brutta, della quale non conoscevo nemmeno il nome. Michele era lì dall'altra parte del telefono che mi diceva quanto si fosse divertito a vedermi fare il pagliaccio, e fu allora che ebbi un flash. Fu rapido, fulmineo, ma molto intenso, attraversò la mia mente come un proiettile e sparì in un attimo. In quel momento con il telefono in mano ebbi l'assoluta certezza che non avrei più rivisto il mio amico. Prima di allora non mi era mai accaduto di provare nulla di simile e per nulla al mondo vorrei riviverla ... fa molto male !

Come tutti i venerdi, andai a seguire due ore di lezione di matematica. La sede universitaria si trovava nella città vicina, distante non più di una decina di chilometri da dove risiedo io, così, come spesso mi succedeva quando mio padre non mi lasciava prendere la sua macchina, ci andai in autobus. II mal di testa diminuì man mano che mi avvicinavo a destinazione fino a scomparire del tutto una volta arrivato all'ateneo. Non riuscì ad ascoltare molto della lezione e tanto meno a prendere appunti, il quaderno che avevo davanti teneva riportata solamente la data di quel giorno: 24 Novembre 1995. Pensavo alla ragazza con cui sarei dovuto uscire quel pomeriggio e come avrei dovuto farla innamorare di me, ero un maestro nel campo, più di una aveva perso la testa per il mio fisico da Bronzo di Riace e per il mio saperci sempre fare con qualsiasi persona e in qualunque situazione. Ricordo che pensai che ci avrei provato subito, sarebbe stata lei a guadagnarci tanto era racchia e quella stessa sera sarei uscito con
Michele e Tonno per raccontare ogni particolare, naturalmente come spesso capita agli uomini, ingigantendo l'impresa. Così una volta uscito dall'universìtà, passai in farmacia a comprare una confezione da sei di "Incontro", tanto per non sbagliarmi e con un'eccitazione crescente, andai a prendere il pullman di ritorno.

Dopo che Tonno se n’è andato, è venuta su mamma, voleva sincerarsi che stessi bene - Nessun problema, mamma -, ho affermato con un sorriso bugiardo. Alle volte è troppo oppressiva con il suo dover proteggermi a tutti i costi e capita spesso che finiamo col litigare, se almeno non mi stesse sempre così addosso. - Ti porto qualcosa da mangiare ? - - No, non ho fame, voglio solo starmene un po' da solo. - - Se hai bisogno di me, chiamami, non crearti scrupoli! - - Vabbene. - L'ultima parola mi è uscita quasi con rabbia e lei deve essersene accorta perché non ha pensato più di replicare, anzi ha capito subito che forse era il caso di scendere di sotto, cara donna!

Arrivai in Piazza Sant'Antonio che erano le diciassette e dieci minuti, l'appuntamento era per le diciassette, ma io ero solito arrivare in ritardo, lo consideravo il mio biglietto da visita, quasi volessi mettere in evidenza quanto me ne fregasse della persona che mi aspettava. - Non sopporto la gente che fa tardi agli appuntamenti! - Una voce strana per la sua normalità giunse da dietro le mie spalle, facendomi voltare di scatto come colto in flagrante di chissà quale reato. Quella che mi ritrovai davanti non poteva essere la ragazza della sera prima, sicuramente ci doveva essere un errore, o magari ero vittima di qualche stupido scherzo: che il brutto anatroccolo si fosse trasformato in un cigno in meno di ventiquattr'ore mi sembrava poco probabile, così decisi che fu colpa del vino della sera prima e me ne rimasi come un salame a fissare tanta bellezza e anche se il sorriso sembrava quello stesso brutto sorriso che mi parse di averle già visto, il resto avrebbe provocato l'invidia di qualsiasi Pamela Anderson
del mondo. Un body nero a metterne in risalto la protuberanza dei seni, era accompagnato alla perfezione da un paio di blue-jeans che ne evidenziavano le perfette gambe diritte ...e quegli occhi poi, da mozzare il fiato.
- Andiamo - Cercai di riprendermi io, sperando poco convinto di non essere sembrato troppo stupìto. – Andiamo - Fece eco lei prendendomi per la mano.

Ieri notte ho avuto un incubo, ero sugli scogli e guardavo un gabbiano che, da abile pescatore, si tuffava a picco nell'azzurro mare a prendere un mal capitato pesce, il quale, senza alcuna ragione logica, aveva deciso di nuotarsene nelle parti più alte dove i raggi di un velato sole arrivavano a smascherarne le intenzioni. Seduto su una superficie piana, mi accorsi di non essere solo. Non so bene se la presenza al mio fianco era giunta da poco o era venuta con me, ma non rimasi per niente stupito ne turbato, c'era perchè doveva esserci! - E' bello ritrovarci sempre nello stesso posto - Disse lei con un'espressione angelica da ispirare tenerezza - Sarebbe fantastico continuare a vederci qui ... per sempre! - Il gabbiano andò a posarsi su uno scoglio non distante da dove eravamo noi e pareva attento a percepire ogni nostra parola, quasi ne comprendesse il significato. Lo guardai bene e mi accorsi che somigliava a mia madre, anzi era mamma e nei suoi occhi da cane bastonato, voleva farmi sapere di non approvare
le mie intenzioni, così senza riflettere le lanciai un sasso. Il gabbiano/mamma riuscì per un niente ad evitare la pietra volandosene in uno sbatacchiare d'ali, non prima di venirmi a beccare sul viso facendomi sanguinare una guancia. Lei dopo avermi accarezzato la ferita si leccò le dita, gustando con voracità, non senza emettere sonori risucchi, il rosso liquido che ne colava a fiotti. Mi mossi per baciarla e la strinsi a me, era piacevole tenerla tra le braccia e ad occhi chiusi ne assaporai il profumo. Quando riaprì gli occhi, non stringevo più lei, ma Michele che, con una faccia vicina alla putrefazione e un sorriso privo di denti, mi guardava da orbite vuote. Mi staccai con violenza prestandomi a fuggire e per poco non finì in acqua. - Ha ucciso me ed ucciderà anche te - Vermi gli uscivano dalla bocca impedendogli di continuare a parlare e tra gorgoglii incomprensibili me li sputava addosso, mi si schiacciarono sul corpo in un pus giallo e appiccicoso. Il gabbiano tornò a beccarmi ed io urlai. Mi sono svegliato madido di sudore e con le lacrime agli occhi, non è il primo di questi sogni che faccio e non credo sarà l'ultimo, dovrò solo imparare a conviverci.     [ avanti » ]

di Sebastiano Cannarsa