SECONDA GIORNATA

Non è la prima volta che succede nel mio regno. O dovrei dire forse nella sfera cui appartengo. Nelle frequenti visite alle marmoree e silenziosissime biblioteche, qui molto più rifornite che da voi, mi sono imbattuto ieri in uno dei pochissimi passi in cui è descritta, del resto di sfuggita, la persona fisica di Adrian Leverkühn, che, al contrario di quel che voi pensate, è veramente esistito. Il suo tutore, nonché creatore, Thomas Mann ci dice verso la fine del suo romanzo che il viso di Adrian, compositore che ha acuito la sua sensibilità intellettuale tramite un ambiguo patto col demonio, era così somigliante a quello della madre da indurlo a radersi con cura. Vi stupirete forse per il fatto che, essendovi nel Doktor Faustus ben altre asserzioni e descrizioni su cui soffermarsi, io sia rimasto impressionato da questa. Eppure conoscete il potere della musica e i suoi effetti, anche se in maniera attenuata rispetto a noi, e avete esperienza di come il corpo si conformi ai desideri o, più spesso, alle trepidazioni
dell'animo. Dico animo e non anima per rispetto alle vostre dottrine e per non turbare la vostra suscettibilità, poiché so da fonte sicura che da qualche secolo preferite la concretezza alla logica. Da noi la parola dunque è una, e non v'è nessuno che osi dubitare dell'identità dei due concetti.
Ma riprendo il mio discorso, e vi ripeto che sono rimasto assai scosso da quella frase, tanto da non poter continuare nella lettura: sia per la ragione facilmente intuibile che accade lo stesso a me, sia per il fatto che la mia fede ha vacillato non poco, né dà segni di ripresa.
Dovete sapere che le autorità preposte alla nostra educazione incoraggiano in tutti i modi le inclinazioni sincere che dimostriamo fin da piccoli e, riguardo a me, non ho durato fatica ad avere libero accesso a tutte le biblioteche, di qualsiasi genere, se se ne eccettua una soltanto. Ma di questo parlerò a suo tempo; ora mi preme darvi un'idea, sintetica e inadeguata com'è nel vostro stile, della perdita graduale della mia fede. Scrivo questo in gran segreto e non senza un impalpabile smarrimento, dal momento che il timore di un castigo e il non averne mai subiti mi fa tremare un poco la mano. Mi scuso, e sarà la prima ed unica volta da parte mia, per queste considerazioni che, invece di spiegare, forse vi confondono. Del resto il vostro Thomas lo fa spesso nella sua biografia e, come mentore della mia conversione, devo pur rendergli omaggio, se non altro formale. Dicevo dunque che l'aver appreso che anche Adrian Leverkühn si rade con attenzione, al pari di me, per rendere il suo viso il più possibile somigliante
al viso di sua madre mi ha fatto nascere la seguente domanda: quanti siamo a fare la stessa cosa per la stessa ragione? E' mai plausibile che un dannato musicista (da voi reputato grandissimo, da noi mediocre) possa agire come uno di noi? A me piace radermi a lungo e quasi sotto l'ansia incalzante che sia l'ultima volta, ma lo faccio in fondo per dovere, o almeno così ho pensato fino a ieri. Il mio turbamento mi ha indicato forse un'altra possibilità, ovverosia il mio desiderio incontrollato di assomigliare a mia madre, o di ritornare bambino, il che in fondo, ancora in fondo, è la stessa cosa. Sono più di venti ore che ci penso, e da almeno dieci, non lo ripeterò mai abbastanza, dubito di quello che fino ad ora avevo sempre dato per assoluto ed incondizionato, dubito di me stesso e della sfera cui appartengo.
Se nel vostro regno, scusatemi ... sfera, arriva talvolta un barbàglio di verità, mentre qui Essa è tutto, me compreso, non può essere che alcuni di voi, forse pochi, pochissimi la vedano meglio di noi, che ne siamo imbevuti? Si distingue forse l'aria? E' certo che tutti quei discorsi del vostro Thomas sull'affinità tra religione e demonismo sono pane quotidiano per noi, ma quella frase, quella frase ... ! A quella frase non ho resistito, tanto che anche il mio corpo ha dovuto starnutire per liberarsi di quell'impaccio. Qui ogni pensiero provoca effetti reali, e la nostra bontà non si sa se sia originale o forzata, giacché ognuno sa cosa pensa l'altro e cerca di gioirne il più possibile, come se non esistessero i pensieri, ma il pensiero, che non avendo oggetti come da voi su cui posarsi, non ha neppure motivo di rammaricarsi di alcunché. Come mi allontano dalla prima impressione di cui volevo farvi parte! Ma, a mia giustificazione, addurrò il nostro miglior precetto, che ci somministrano fin dai primi giorni
al pari di quelle minestrine che la maggior parte di noi abbandona con piacere dopo il primo anno: solo il pensiero è reale, ogni altra cosa puzza.
Per la verità soltanto da ieri mi sono accorto di quanto strida l'ultima parola rispetto alla maestà leggermente sussiegosa delle altre, ma questo è forse dovuto al fatto che mi sto riavvicinando sempre più celermente a voi e al mondo vostro.
Di certo la mia perplessità aumenta, e con essa un sommesso disagio. Non trovo infatti simili pensieri nei miei confratelli (dovrei escogitare un termine che stia a metà fra confratelli e consorelle, ma ora non mi sovviene), né d'altronde alcuno di loro ha dato segni di insofferenza nei confronti dei miei. Se ciò sia strano o al contrario capiti così sovente da non meritare menzione io non so dire, giacché solo ora me ne avvedo.


TERZA GIORNATA

Ho sbagliato: il contrario della vostra concretezza non è la logica come qui, la l'astrattezza o, nel peggiore dei casi, l'apparenza. Adrian non riposa nell'inferno sconfinato ma gli è stato concesso un apprendistato - scusate il bisticcio, ma forse neanche ve ne siete accorti - al fine di studiare la musica celeste e la filosofia pitagorica, che pare amare molto nonostante il mal celato orgoglio tipico del creatore. Non è dunque la prima volta che un moto d'orgoglio colpisce un membro della sfera, non è la prima volta che mi entusiasmo alla vista o alla lettura di un grande spirito che coglie la verità sotto le mentite spoglie della finzione, ed abita per di più tra di noi; ma è la prima volta che dimentico di pregare.
Mi è stato ingiunto, da parte di un araldo dai modi dimessi e perciò sospetti, di recarmi quanto prima nel vostro mondo, ed io non so fino a qual punto mettere in relazione il mio recente scetticismo con un ordine del genere. Ne ho parlato con vari amici (qui siamo tutti amici, sebbene molti, con la scusa di render grazie o di meditare, si ritirino chissà dove), ed essi mi hanno consigliato di tenere un contegno malinconico, il che potrà esser visto di lassù come indizio di resipiscenza e al tempo stesso di raccapriccio. Se ricordo bene, una mistura simile la si diagnosticava nei vostri romantici. Come loro, mi sento prendere dalla malattia: una malattia beninteso tutta spirituale.
Utinam minus vitae cupidi fuissemus! Ciò che più mi preoccupa è la mia smania di ritornare a voi, e non da ultimo questo tempestivo intervento delle autorità. Da voi almeno i capi sono visibili, si può persino parlar loro, prenderli in giro o ucciderli. Non è poi così difficile, tanto più che spesso non se ne accorgono neppure. Nella sfera lucente in cui risiedo ti dicono invece che lo stesso concetto di guida o di maestro è una contraddizione logica, poiché ognuno è gregge e pastore a se stesso. Queste benedette massime, che fino ai vent'anni ci ricordano premurosamente di vivere in una sfera privilegiata perché unica, verso i trenta (la mia età) ci infastidiscono. Ma perché dico ci ? Gli amici non provano simili disagi, e la stessa malinconia aleggia rarissimamente sui loro visi, ammesso che non fossero proiezioni mie.     [ avanti » ]

di Paul