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Cani umani inginocchiati. Le nude mani e le ginocchia ossute poggiate
sopra la morbida moquette rossa del palco. Gli stessi identici sguardi
scodinzolanti nei loro occhi addomesticati. Se ne stanno buoni in
fremente attesa della loro legittima proprietaria. In due, ligi schiavi
obbedienti. Hanno svenduto le loro personalità, mozzato le loro dignità.
Soffocata la vergogna del mostrarsi. Indossano maschere di lattex che ne
coprono i volti, ne asfaltano i tratti somatici resi ora inesistenti.
Moderni burqa profani capaci di togliere freni, inibizioni e limiti alle
mie azioni. Potrei cancellare le loro esistenze come fossero fogli di
carta trasparente attraverso cui guardare oltre. Guardare altro.
Fantasmi di pelle e dossa. Giocattoli di carne per spettacoli umani
circensi. Tonight sold out. Performance. Fetish. Stanotte come ogni
notte. A ognuno i propri ruoli sacrosanti. Schiavi e padroni. Spettacoli
e spettatori. Sguardi e feticci. Io sto in piedi davanti ai due cani
umani, statuaria padrona retta su colonne di gambe sode scolpite. Nera
seconda pelle lucida, aderente alla carne di morbide forme dipinte. Nero
Pvc che indosso marziale eccitando platee accorse a spiare teatrini
viventi di piacere e dolore a pagamento, su carni desiderose e menti
volontarie assoggettate. Dolore e piacere fusi insieme ad arte. Cocktail
d'orgasmi senza penetrazione. Libidine visiva e mentale. Masturbazioni di
massa e intime alienazioni. Schiocco il frustino sui crani rasati dei
due cani umani, abili lingue lucidano di saliva i miei stivali fino a
specchiarsi, guardandosi dentro ruoli consoni a vizi da celare ai
distinti pudori sociali. Voyerismi. E fischi e urla e vezzi, di
centinaia di sguardi confusi, nascosti al riparo tra d'essi stessi
protetti, viscidi e goduriosi. Vigliacchi. Centinaia di spettatori
anonimi. Sono una baby doll barbie per giochi poco infanti, pagata perchè
i loro occhi possano violentarmi, avvinghiandosi addosso colpendomi,
penetrarmi tra le cosce nude non più vergini. Reggerli tutti o cercare
d'ignorarli, cercare un modo che renda più facile e indolore offrirsi
ogni notte. Uscirne incolume, intatta. Immacolata concezione regina. Una
schiena di uomo mi fa da trono, goditi l'attimo delle mie natiche sulla
tua carne, goditi il contatto, cane, scodinzola come ti piace fare. Non
lasciartelo dire. Non lasciarmelo ripetere. Stringo tra le mani candele
accese di fiamme in delirio. Cera calda faccio in modo che coli sulla
pelle di un'altra persona, si dimena ammaliata povera creatura esausta,
uno sguardo languido che non pena ma voglia, irrefrenabile voglia di
essere vittima ancora. Sono un oggetto raro da vetrina, mercanzia
desposizione collezionabile. Sono un buco nero impertinente.
Concentratevi. Affondandomi dentro perdetevi, non chiudete mai i vostri
occhi spettatori voraci, così semplice calamitarvi e inghiottire i vostri
sguardi dentro intime maestrie d'atti impuri. Stai immaginando cosa mi
faresti se mi avessi. A comando mi muoveresti. Vorresti nelle mani le
fila dei miei amplessi. Mi terresti come un prezioso sopramobile per
guardarmi. Ce li hai scritti negli occhi, a caratteri cubitali, ognuno
dei tuoi desideri. Sguardi limpidi e traditori che confessano i sogni
disinibiti che fai di notte. Labbra agili si chiudono succhiando tacchi
sottili che scendono a solcare gole calde e ospitali a cui vorresti
sostituirti. Fellatio in reverse. Hai gli occhi rossi e le vene piene
d'alcool e non riesci a frenare i tuoi pensieri, adesso non vuoi proprio
fermarti e mi guardi, ammaestrare severa due cani retti in piedi. Ammiri
i segni lasciati dal passaggio della frusta comparire violacei, profondi
e intensi, dopo pochi secondi. I due cani umani hanno stretto gli occhi
piacenti per il dolore donatogli. Non starebbero qui altrimenti se non
amassero il suono che hanno i miei ordini, il suono che fanno i loro
liquidi lamenti. Vorreste ch'io leccassi i vostri occhi per soddisfarvi.
State sbavando lacrime dense salivari. Vorreste chiudermi dentro i
vostri occhi serrando palpebre e così ingabbiarmi. Ma non vi sarà concesso
e lo sapete. State come un gregge selvaggio dietro le transenne,
desiderando annullare queste incolmabili distanze tra spettacolo e
spettatore. I flash mi accecano, brillio forsennato del vostro terzo
occhio tecnologico. Dove mi conserverete? Nel cuore, tra le pagine
dimenticate di un libro, nei portafogli in pelle da mariti annoiati o
sulle pareti bianche delle vostre esistenze. Sarà la sola o ci saranno
altre immagini di bambine gonfiabili a riempirle entrambe? Sapete che
presto si chiuderanno i sipari e il buio arriverà come un padre geloso
per uccidere i vostri occhi impudichi e impertinenti. Perciò sbrigatevi
ad ingoiare questo pasto visivo. Arriverà presto il buio a oscurare i
vostri sguardi e i flash non serviranno. Appoggio le suole dei miei
stivali lucidi sullo sterno dei miei due cani umani, i tacchi affondano
dentro i loro stomaci che paiono perforarsi. In equilibrio sui movimenti
dei loro respiri. In equilibrio su piattaforme di addominali marmorei.
Pesanti briglie di catene si allungano dalle mie mani ai loro colli. In
questa ultima posa da madonna addolorata crocifiggetemi. Abusate di
questa bellezza, immortalatemi. Avete sguardi come chiodi, usateli.
Prima che si spengano le luci e cali il buio ad uccidervi tutti.
Liberandomi dal giogo di ognuno dei vostri sguardi lussuriosi.
di Pietro Presti
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