Non ho più la forza di disperarmi. Guardo dalla finestra ma non vedo niente. La notte è buia e nel nero che mi acceca, non riesco più a distinguere la tua figura.
Mi siedo e le mie spalle si appoggiano al muro. Il televisore continua a sparare luce intermittente. Le ombre si proiettano immobili sulle pareti della stanza.
Io guardo fuori e cerco una stella, ma il cielo è coperto. Allora chiudo gli occhi e penso.
La mente naufraga all'indietro, sprofondo sempre più dentro di me, indietro, sempre più indietro.
Non mi riconosco più. Non sono più io. Non posso essere più io.
Chi è questo che sono? Io sono fuori di qui, o forse dentro, o forse non sono adesso, ma sono nel passato. Non riesco a capire ma io non sono qui adesso.
Riapro appena gli occhi e trovo un bicchiere. Bevo appena mentre la fronte mi si imperla di sudore.
Guardo disperatamente a destra ed a sinistra ma non trovo più nulla. Ogni oggetto ha smesso di esistere. Tutto non ha più valore. Il nulla è articolato in diverse forme... vuote.
Cerco di alzarmi ma le gambe mi si piegano. Mi aiuto con le mani e mi rimetto in piedi.
Avanzo verso la bottiglia d'acqua e riesco a riempire il bicchiere. Ancora un altro sorso. Sento il liquido fresco scendere giù per l'esofago, lentamente, e la sensazione di freddezza mi arriva allo stomaco e poi lentamente svanisce. Vado in bagno e davanti allo specchio mi osservo con attenzione. Mi bagno la faccia, poi torno a guardare il mio viso riflesso. Le goccie scorrono lente sul volto mentre i miei occhi angosciati tentano di riconoscermi.
Avanzo lentamente verso il letto e mi ci butto sopra. Il materasso molleggia per qualche istante, poi il mio corpo diviene immobile ed io ascolto. Ascolto tutto ciò che non c'è intorno a me, mentre la mia testa penzola in avanti nel vuoto. Afferro con la mano il bicchiere sul comodino e dò un altro sorso, per sentire nuovamente l'acqua fresca scendermi giù lungo l'esofago. Ascolto ma non sento nulla.
Mi volto con le spalle sul letto e guardo in alto verso il soffitto illuminato a tratti dalla luce del televisore. Tutto è distante. Niente mi appartiene. Io non appartengo a nulla, più a nulla.
Chiudo gli occhi e distendo le braccia e le mie pupille vedono la luce del televisore che attraversa le palpebre. Mi volto su un lato e riapro gli occhi. Il bicchiere è davanti al mio naso. Lo sfioro con un dito, lentamente.
Mi rialzo e mi vesto. Scendo giù ed esco in strada. Tutto è buio e silenzio. I lampioni gialli illuminano la strada deserta. Mi incammino veloce sul marciapiede e sollevo la testa per respirare meglio l'aria della sera. E' fresca. Ad ogni respiro mi dà la sensazione dell'acqua che scorre dentro di me. Respiro a pieni polmoni ed avanzo, con le mani nelle tasche, seguito dalla mia ombra.
Sento sul viso l'aria che attraverso, sento un po' di vento... e di fresco. Mi siedo su una panchina di ferro e distendo le braccia sullo schienale. Leggo le scritte che qualcuno vi ha lasciato, poi guardo lontano, dall'altra parte della strada, ed ancora più in là, verso le case. Poi lo sguardo si alza sopra i tetti, accarezza le sagome scure delle montagne e sprofonda in questo cielo plumbeo.
Cos'è il malessere? La mia testa si piega all'indietro e mi ripeto la domanda. Cos'è il malessere? Chiudo gli occhi ed aspetto. Una risposta.
Delle folate di vento accarezzano il mio viso ed io respiro, nella notte. Le foglie secche salgono su in alto, in improvvisi mulinelli polverosi. Ne sento il rumore, frammisto al sibilo del vento che soffia. Riapro gli occhi e sollevo la testa. La strada è deserta. Le foglie si muovono sotto gli alberi mentre i rami spogli più sottili appena oscillano nel cielo scuro. Mi alzo dalla panchina e procedo lungo la strada. Mi fermo ad una fontana e bevo per sentire ancora l'acqua fredda che scorre dentro di me. Ricomincio a camminare allontanandomi dalla fontana. Guardo i miei passi che si alternano: uno a destra, l'altro a sinistra; uno a destra, l'altro a sinistra. Alzo la testa e guardo in avanti. La strada continua diritta e la fila di lampioni sembra non finire mai. Cammino fino a quando non noto una luce bianca dietro un muro. Mi avvicino e mi rendo conto che è il neon della sala d'aspetto della stazione ferroviaria. Entro nella sala d'aspetto deserta ed esco dalla porta sul retro. Adesso guardo la strada ferrata. Mi siedo su un muretto e respiro quell'odore acre di binari. Distinguo l'odore del catrame e quasi mi inebria. Guardo i due binari e le travi di legno che li distanziano. L'aria è più fresca. Mi sollevo e cammino sulla banchina in cemento fino a quando non termina. Allora procedo nella terra, tra le zolle e l'erba, seguendo i binari da pochi metri. Sembrano condurmi verso un'altra destinazione, un'altro luogo, un altro tempo.
Procedo con difficoltà ed avanzo fino a quando non vedo più luci. Adesso è davvero buio. Il cielo è nero e tutt'intorno non si vedono più luci. Il binario è a dieci metri sulla mia destra. Mi tolgo una maglia e la piego più volte, mi distendo a terra e poggio la testa sulla maglia piegata. Guardo in alto. Tutto è buio e il vento soffia appena. L'aria è fresca. Chiudo gli occhi. Adesso sono solo.

di Xénos