Il solito locale, la solita gente.
Ancora un altro Sabato.
Il bicchiere colmo fino all'orlo di gelida acqua di seltz, un pacchetto di sigarette aperto, forse appoggiato e dimenticato da qualcuno, un paio di giacconi e un giubbotto sullo sgabello vicino, le borse appese al bracciolo, una sciarpa che penzola carezzando il pavimento.
La piccola fiamma dell'accendino.
L'avvicina al viso e rimane a fissare il blu del gas che diventa giallo e rosso incandescente, gli occhi socchiusi e le labbra strette, tutta concentrata su quella minuta frazione di un mondo effimero, in realtà non troppo differente da quello stesso reale in cui vive.
Nel locale la musica suona come al solito, ed è la solita musica, e Bianca non la sente affatto, non ci si concentra, lascia vagare lo sguardo per i tavoli attorno, sulla poca gente rimasta, fino a che la fiamma non scaturisce, come incontrollata, di nuovo dall'accendino, e il suo sguardo si fissa ancora in quello scorcio.
Prende il bicchiere e butta giù un sorso gelido.
Irene si avvicina a piccoli passi, le mani affondate nelle tasche, lo sguardo quasi schivo, si scosta i capelli dal viso, si sporge sullo sgabello, prendendo un attimo Bianca alla vita e chinandosi per baciarle una guancia tra i capelli che oggi scendono lisci attorno a quel viso, con ancora quello sguardo che sembra supplichevole.
Allora Bianca affonda una mano tra i suoi capelli, corposi e pesanti sulla nuca. Gli occhi di lei si fissano ancora sul viso di Bianca con quello sguardo che la raddolcisce, che le apre dentro una strana tenerezza. Annuisce piano, in un consenso che da suo malgrado, mentre Irene si lascia appena andare a quella specie di carezza.
La mano di Bianca s'intreccia alle sue dita stringendo in un muto gesto solidale, il solo che può offrire.
Irene la bacia ancora e poi scivola di lato, continuando a guardarla mentre infila piano il giaccone, le sfila l'orologio dal polso e lo guarda sorridendo in una nuova promessa. Grazie mormora piano in un filo di voce. Bianca sorride anche lei e la lascia scivolare fuori oltre la porta, dove lui la sta aspettando.
E ad un tratto non è più lo stesso Sabato, la stessa gente, lo stesso locale. Irene è di nuovo qui dopo tanto e se ne è andata via con lui, Bianca è sempre la stessa e non vorrebbe esserlo, non questa sera.
Si alza in piedi con il vestito lungo che ondeggia scuro attorno alle sue caviglie, lo guarda un attimo, sentendosi così diversa dal solito, così poco se stessa. Uno sguardo al banco ed un sorriso, cammina con le mani allacciate dietro la schiena verso la saletta dove non c'è più nessuno, dove la musica è puro sottofondo nelle luci basse.
Sottofondo di pensieri che sembrano sempre gli stessi ma che non lo so-no, perché non è lei ad essere sempre la stessa. Questa sera si sente languida, si sente altra, non lei, non la stessa, un personaggio diverso che le piace impersonare di tanto in tanto, assumendolo con l'abito che lascia scivolare addosso prima di uscire.
Si muove piano con la musica, attorno alla sala osservando le stampe che conosce ormai a memoria, il vestito ondeggia morbido attorno alle scarpe basse che ha ai piedi. Ondeggia leggero con un movimento che le sta diventando tanto caro perché è estraneo, assolutamente nuovo a lei.
Non è lei e il gioco le piace, lei sola lo conosce, lei sola sa che quello che si vede fuori ha portato con sé un nuovo mondo interiore che è completamente un'altra, una indipendente che può reagire in modo diverso da lei, che per una sera vive per conto suo, e accetta anche che Irene se ne sia andata via con lui che l'aspettava fuori, lasciandola qui da sola, la nuova Bianca, la Bianca diversa. L'altra Bianca.
Il rumore della porta che si apre, le risate, i sorrisi e le chiacchiere vicino al banco, la serata finisce piano, e questo momento ancora sospeso le piace, le da una sensazione dolce, quasi calda, come al crepuscolo, da bambina nella stanza vuota dei suoi. Il letto così grande, la finestra che inquadrava quel cielo come cupo ma mai troppo scuro. Una sensazione che sa ritrovare solo di tanto in tanto, e le è talmente cara che perderla di nuovo è quasi straziante.
- Non sapevo ci fosse uno spettro in questo posto.
La frase le piace e anche il tono, la voce la riconosce e allora si volta, sapendo che il vestito ondeggia ancora morbido attorno a lei, muove qualche passo nella penombra, se fosse Bianca non si avvicinerebbe affatto, ma stasera c'è quell'altra, e quella può fare quello che preferisce, quello che sente.
Magari lui le piace pure, l'ha sogguardato per tutto il tempo standosene buona mentre Bianca l'evitava e l'ignorava, mentre se ne andava lontano anche quando, lei, l'altra, sbraitava per continuare a guardarlo. Ma adesso questa è la sua serata e fa quello che vuole.
Come lo vuole!
Lui la guarda con un bicchiere in mano, sorseggiando tranquillo, come poco convinto che sia Bianca davvero, altri due passi, ed sono di fronte, le mani di lei ancora allacciate dietro la schiena, ne alza una a lisciare i capelli che scendono sulla guancia che Irene prima ha baciato, prima di scivolare fuori nel buio e nel freddo.
- E lo spettro di cosa, sarei?
Altri due passi e torna lontano. Quell'altra sa davvero come fare?
E' sicura di conoscere questo tipo di gioco? Continua a fare piccoli passi intorno, con la musica come ballando, guardandolo e non guardandolo, sperando che in fondo capisca che non è Bianca, ma quell'altra, che è la sua di serata, e che Bianca non centra per nulla in tutto questo.
- Bevi qualcosa?- domanda, lasciando la domanda ad aleggiare nel fumo.
L'altra allora indica il tavolo nella sala centrale e lui va a prendere il suo bicchiere, e lei sorride annuendo appena per ringraziare.
- Acqua?- le chiede.
Siedono uno di fronte all'altra.
- Non bevo.- dice semplicemente.
Già, lei, quell'altra, non beve, lei si lascia illanguidire da questa atmosfera e non beve, accavalla le gambe e la punta di una scarpa fa capolino da sotto la gonna, la cavigliera d'argento fa bella mostra di sé, lu-cida, sulla pelle nuda. E basta il gesto, il sorriso morbido e lo sguardo come obliquo che muove verso di lui.
Lo sguardo di lui non è poi tanto stupito, la osserva e basta, sembra studiare un po' il suo viso e un po' il suo aspetto, forse cerca davvero il nesso che c'è questa sera tra i capelli lisci attorno al viso pallido di lei e il tono quieto e gentile, tra l'abito scuro e lo sguardo morbido, tra le scarpe basse e il sorriso melanconico. Tra questa Bianca che ha davanti adesso e la solita Bianca che non gli parla affatto, sfugge.
Forse lo sa, forse l'ha capito che questa non è davvero Bianca, che non può esserlo in nessun modo. Quella che sorseggia appena l'acqua di seltz e lo guarda da sopra il tavolo e da sopra l'orlo del bicchiere con quello sguardo, è solo lei, l'altra, che ha cercato tante volte di parlargli, stare anche solo così in silenzio mentre Bianca invece la trascinava a ridere con qualcun altro.
- Era un po' che non ci si vedeva, vero?
Annuisce appena. - Bé, non esco spesso, io.
No, lei no, infatti, se Bianca la lasciasse uscire non avrebbe più il minimo spazio per sé stessa, quest'altra sommergerebbe ogni cosa, gli altri l'adorerebbero, lei sempre così carina, così gentile ed accomodante, cordiale e allegra. Non mette mai il muso lei, non se la prende mai con nessuno, compagnia perfetta sempre, sa stare sempre al gioco, lei.
A Bianca, giocare, non piace affatto.
Ma è la sua di serata, no?
Lui prende le sigarette da una tasca, cerca l'accendino in un'altra, e questo gli scivola di mano, posa il bicchiere, si sporge in avanti per raccoglierlo, poi alza gli occhi al viso di Bianca, ed è l'altra ad esultare in questo momento, a sorridere mentre lo vede posare un ginocchio in terra e mettere le mani sui braccioli della poltroncina in cui lei siede.
La guarda ancora, prima che lei chiuda gli occhi, mentre lui alza il viso verso il suo. E Bianca chiude gli occhi per lasciare l'altra a godersi il suo momento di trionfo, quando si lascia tirare piano verso di lui, e baciare con l'abbandono che solo lei poteva avere, nel desiderio covato così a lungo.
Felice, quell'altra, per quelle mani che stanno accarezzandola, scivolando sotto la gonna lungo le gambe accavallate, o tra i capelli ben pettinati sotto la cuffia di cotone lavorato. Bianca perplessa, come sempre insicura, infastidita nelle mani dell'altra che decide adesso per entrambe, non lasciandole scelta.
- Vieni fuori…- mormora lui.
Di nuovo sorriso.
Lei sa sorridere sempre, rifiuta con grazia, e rimanerci male è da cretini quando è lei a dire di no. Quelle volte in cui lo fa, sorride appena come adesso, le guance si arrotondano e gli occhi le si stringono, dice no, e sorride quasi a non chiudere affatto la porta delle possibilità. E' sempre come una promessa uno dei suoi no.
- La prossima volta.- e la mano di Bianca scivola sul suo viso, mentre l'altra esulta di nuovo perché può finalmente baciarlo, può farlo dopo tanto che lo ha voluto, e lo bacia allora con quel trasporto che solo lei sa tirar fuori chissà come, dai recessi del corpo di Bianca in cui alberga.
Fuori una macchina punta i fari, e di là la porta di apre.
Anche senza girarsi Bianca sente gli occhi di Irene che la stanno cercando, e l'altra sta per scivolare via, ma ha lui sotto gli occhi, e si tiene aggrappata, relega Irene in un cantuccio della mente di Bianca e lo guarda ancora, allunga una mano e posandogliela su una spalla lo spinge appena indietro, poi si china.
- Ciao.- sussurra prima di baciarlo di nuovo.

di Nadja