Sono stata al parco.
Era notte.
Buio. Cielo nero a sovrastarmi.
Incerto presagio di fine.
Io e l’oscurità.
Mi sono inginocchiata ai piedi dell’acqua sporca che scorreva.
Ho rivisto il mio volto.
Nel silenzio ho urlato.
Ho urlato.
Urlato.
Fino a non avere più voce.
Non ero sola.
Eppure mi sentivo come abbandonata.
La solita sensazione di dispersione.
Totale dispersione ad impadronirsi di me.
Sarei voluta correre via. Scappare via.
Veloce. Sempre più veloce.
Per tornare nel giardino.
Il giardino delle torture che è la mia testa.
Lì avrei indossato la maschera di ferro.
Per proteggermi.
Come aiuto contro i feroci morsi che avrebbero fatto carne viva del mio volto.
Per rimanere integra.
Almeno nei miei più atroci incubi.



di Angela Buccella