"Dannazione!" imprecò Charles. Dov'era finita Lise? Era scesa dalla macchina in movimento, evidentemente in stato confusionale e si era tuffata nella notte, correndo come inseguita da mille demoni. Senza un attimo d'esitazione, il biondo vampiro si lanciò al suo inseguimento, temendo di perdere le sue tracce. Perchè era scappata via così? Che diavolo le era successo? Non v'era spiegazione per quel momento di follia. Sperò solo che nessuno le avesse fatto del male, o non se lo sarebbe mai perdonato.
Lise aveva imboccato un vicolo... Lo stesso vicolo in cui era stato ucciso quell'uomo in circostanze piuttosto strane. Il profumo della ragazza era ancora nell'aria e aveva la sensazione di riuscire a intuirne il percorso come se lo vedesse disegnato nell'aria con pennellate di vivido colore.
Ecco il vicolo... nessuno si sarebbe mai avventurato là dentro, nemmeno per tutto l'oro del mondo. Il sentore di Lise si mescolava all'odore della morte, che lo afferrò alla gola come una morsa. Morte... paura... freddo...
Ben cupa atmosfera pervadeva quel palcoscenico ormai vuoto, teatro di una misteriosa tragedia che pareva gravare sulle loro teste come una minacciosa spada di Damocle. La traccia lasciata da Lise s'intensificò... qualcuno con il medesimo odore... più d'uno, in ogni caso...
"Impossibile..." sussurrò sommessamente Charles.Tentò di richiamarla telepaticamente, ma venne ignorato. Preso da un accesso di stizza, tirò un calcio ad un bidone della spazzatura, che cadde a terra con un metallico e sonoro clangore. Poi, senza attendere oltre, si diresse velocemente sulle tracce di Lise.

Correva da più di mezz'ora, con la vaga impressione di girare in tondo. Il vento aveva disperso le tracce, e Charles, nonostante i potenziati sensi da predatore, non aveva alcuna possibilità di localizzare Lise. Non poteva nemmeno cercare di sintonizzarsi sulla stessa onda telepatica... la ragazza aveva sigillato ogni collegamento. Era abile. Yavier le aveva insegnato bene, esattamente come aveva istruito lui. Era quasi certo, comunque, che Lise fosse al sicuro.Se qualcosa l'avesse spaventata lo avrebbe saputo.
Scivolò con precauzione lungo le strette e tortuose strade della città medievale, badando a mantenersi ai lati, rasentando con le spalle ampie le pareti degli edifici. La luce dei lampioni era giallastra, malsana, e l'acciottolato sconnesso sobbalzava sotto il suoi felini e misurati passi da cacciatore, senza emetter alcun suono. Uno scricchiolio sottile come il rumore d'un ago che cade a terra lo fece sussultare e volgere di scatto all'indietro, le zanne snudate e i sensi protesi nell'oscurità d'un vicoletto sporco e fetido... nient'altro che ratti, intuì. La violenta torsione a cui era stato costretto gli procurò una fitta allo stomaco... accidenti. La ferita s'era rimarginata in superficie, ma sotto la pelle marmorea avvertiva ancora il suo doloroso morso. Non era nemmeno riuscito a procurarsi una preda, quella notte e non cacciava dalla notte precedente. Si ripromise di uccidere, non appena avesse ritrovato Lise. Non poteva permettersi di perdere le forze proprio in quel momento.
L'urto mentale lo colse del tutto impreparato e quasi lo gettò a terra. Lise stava provando una forte emozione. Stupore... sofferenza... Stava piangendo.
E non era lontana. Agilmente, scavalcò i tre metri di muro di mattoni che chiudeva il vicolo, trasformandolo in una strada a fondo chiuso,e atterrò senza alcuna difficoltà sull'altro lato, dove cominciava un'altra fila di vecchie case, ognuna identica all'altra nel loro romantico e anacronistico squallore. La luce elettrica gli accarezzava il volto pallido e poteva quasi avvertirne il tocco leggero e materno sulle guance, come da mortale aveva contemplato il sole ricevendone, grato, il dolce tepore. Irosamente, scacciò quell'immagine dalla mente... era un demone, un assassino, nient'altro che un'ombra di morte, condannata al gelo della notte eterna. Non aveva più alcun diritto di strisciare alla luce del giorno.
Lise... vicina. Avvertiva distintamente, ora, la profonda inquietudine che la scuoteva. Era praticamente sconvolta e attorno a lei vedeva la stessa aura di pericolo che aveva avvolto Yavier gli ultimi tempi. Un brivido percorse la spina dorsale di Charles, spingendolo ad intensificare la ricerca. "Lise... che io sia dannato, dove sei??"

"Anne...preparati. Dobbiamo difenderci. Non possiamo lasciare che ci prendano." La presenza all'esterno s'era fatta più percettibile. Erano almeno quattro, al di là di quel sottile strato di legno che le divideva da un violentissimo scontro e il lieve tremito nella voce di Lise-Marie le diceva che non erano semplici umani quelli là fuori. Erano immortali, la cui mente, ora lo vedeva, era chiusa e fredda come uno specchio d'argento, tanto impenetrabile da apparire ottusa. Era ghiaccio allo zero assoluto quel che avvertiva nei loro cuori. Erano pronti a tutto. Vide la gemella sguainare un piccolo pugnale d'argento e la imitò, slacciando dal polso la sottile lama che le aveva donato Yavier, pochi giorni prima di lasciarla, quasi prevedesse che presto avrebbe dovuto difendersi da sola.
Colpi violenti alla porta, seguiti da uno schianto simile ad un'esplosione e una pioggia di frammenti e schegge di legno sparsi ovunque. Nel medesimo istante i quattro uomini furono loro addosso. Portavano abiti neri e uno stemma sul petto, un simbolo nero in campo rosso, che Lise-Anne non riuscì a identificare. Un drago avvolto attorno ad una croce ... un sole sullo sfondo... di chi era quel simbolo? Era vagamente familiare, ma Lise non ebbe tempo di riflettere. Le furono addosso, immediatamente.
Uno degli aggressori la scaraventò a terra, immobilizzandole la mano che stringeva il pugnale e cercando di bloccarla sul pavimento. Conosceva quell'immortale e il suo volto anonimo e freddo come una lastra di cemento, totalmente inespressivo e privo d'ogni accenno d'umanità. Non era un antico, non quanto Yavier, e le sue mani gelide le stringevano i polsi in una morsa brutale e intenzionalmente crudele. All'improvviso riconobbe quel ghigno sardonico che gli stirava le labbra, quegli occhi colmi di disprezzo che già una volta avevano portato l'ombra della morte alle sue spalle... L'assassino...Quell'essere aveva quasi ucciso Charles!
Quando il lampo di comprensione che le balenò negli occhi strappò una risata a quella gola contratta dalla brama di sangue, riconobbe la stessa voce raschiante e aspra che aveva rieccheggiato fra le familiari mura della sua casa. "No..." Lise-anne si dibattè furiosamente, senza riuscire a spezzare la stretta dell'avversario... Charles... Dov'era?
Lise-Marie si batteva come una leonessa con un altro assalitore, mentre gli altri trasportavano fuori il corpo inerte di Carolyn. Chi li mandava?
Chi? Avrebbe dato metà del suo sangue per sapere chi si celava sotto il blasone del drago stretto alla croce rovesciata.
L'immortale che le stava sopra fece per strattonarla in piedi, ma evidentemente doveva averla sottovalutata. Lise-Anne non si fece alcuno scrupolo a stordire l'avversario con una testata degna d'un trionfatore di risse da birreria.
"Ecco cosa si impara tra le pie sorelle dell'Orfanotrofio di Saint Juste." Il vampiro scivolò a terra, senza un lamento. Lise fece per gettarsi in aiuto della gemella, quando si sentì afferrare da dietro da una mano gelida... no, il suo avversario era ancora in piedi! "Credevi di farmela, eh?" ghignò, mentre le somministrava un ceffone sulla guancia sinistra, tanto forte da accenderle bagliori di fiamme dietro le palpebre.
Oltre la sagoma torreggiante del vampiro, Lise-Anne potè scorgere l'esile figura di Marie cadere accasciarsi sul pavimento, e mani robuste trascinarla in strada, dove attendeva una vettura dal motore in folle.
In lontananza, passi sul tetto.

Lise-Anne lo stava chiamando. Per Charles era faticoso allontanare le immagini della lotta vista dagli occhi di Lise che si sovrapponevano in violenti flash alle immagini trasmesse dai suoi occhi.Lise lo stava chiamando... era questo il vicolo? O quello dopo? o quello che aveva già oltrepassato?
Le immagini inviate dalla ragazza lo confondevano... "Dannazione!" Esasperato, si concentrò sulle vibrazioni del suono. C'era in corso una lotta. Non poteva avvenire in silenzio... Improvvisamente, la posizione di Lise gli balenò davanti come una X su una mappa del tesoro.
Destra.
Sinistra. La prima costruzione a due piani dopo l'angolo. Una macchina di fronte. Tre donne, quattro uomini. Tutti immortali. Porta bloccata.
Freddamente, s'inerpicò per la scala antincendio, portandosi sul tetto dell'appartamento. Individuò immediatamente il lucernario e scivolò all'interno della mansarda, con l'agilità d'un gatto. Lise era a piano terra. Fra loro, poche mura e una coppia di vecchietti appiccicati alla Tv, gli abitanti del primo piano.
Silenziosamente, scese le scale della mansarda, e sperò vivamente si trattasse di ottantenni sordi e senza nipotini. Veloce come un'ombra, senza che la coppia lo notasse, raggiunse la porta dell'appartamento e la aprì dall'interno.
Nel medesimo istante in cui varcò la soglia, la nonnina abbandonò in suo telefilm preferito per voltarsi verso Chales e intimargli un " Non fare troppo tardi, giovanotto!" a memoria forse, d'un figlio biondo e scapestrato che da tempo aveva abbandonato la loro casa.
Charles non esitò: la porta che dava sulle scale immetteva direttamente nel monolocale, esattamente opposta a quella che dava sulla strada. Fece irruzione all'interno, sfondando la porta con un calcio all'altezza della maniglia, che ridusse l'uscio in schegge acuminate. "Lise!" Chales incrociò lo sguardo del vampiro che le stava sopra, e lo riconobbe. Un ringhio animalesco scaturì dalle profondità della gola del biondo bevitore di sangue. Non era mai stato sconfitto in duello, mai, e quel ributtante essere che aveva malmenato Lise, a giudicare dai lividi e dagli abiti strappati della ragazza, era quasi riuscito ad ucciderlo. Non poteva tollerarlo. Charles si scagliò sull'avversario con un grido battagliero e lo atterrò, scaraventandolo lontano da Lise.
"Scappa!", le ordinò, mentre inchiodava a terra con il suo stesso peso il sicario. Questi affondò selvaggiamente gli artigli nella carne dei polsi di Charles, aprendovi lunghi squarci, ma il biondo vampiro non vi diede peso, nonostante sanguinassero abbondantemente. Con un ghigno più che soddisfatto, Charles chinò il capo, sfiorando con le zanne il collo del nemico, prima di immergervele con una per lui inconsueta violenza. Il suo cuore agognava vendetta per la sconfitta subita... e ne avrebbe bevuto il sangue con la gioia del vincitore...
Quando, pietosamente, lasciò andare il vampiro, poteva ancora sentire il canto delle sue vene. L'essere barcollò al di fuori del monolocale, talmente indebolito da riuscire a stento a percorrere i pochi metri che lo separavano dalla salvezza. Pochi attimi dopo che fu scomparso, il rombo dell'auto segnalò che la squadra d'assalto aveva battuto in ritirata, portando a termine due terzi del compito.
Charles si alzò con profonda dignità, spolverandosi teatralmente il soprabito di velluto verde che rifletteva lo smeraldo dei suoi occhi, satanicamente scintillanti, mentre si massaggiava le ferite ai polsi, ormai ridotte a nient'altro che sottili segni sulla pelle bianchissima, destinati a scomparire in pochi minuti.
"Lise... stai bene?"
"C-credo di sì. Sono solo un po' scossa." I lividi sul suo volto cominciavano già ad attenuarsi, e gli occhi della ragazza erano limpidi, privi di quell'espressione spaventata che li avevano colmati pochi minuti prima. La camicetta di raso bianco che portava si era malamente strappata su una spalla durante la violenta colluttazione e Lise cercava invano di stringerne i lembi sfilacciati.

Charles le sorrise e si sfilò il soprabito, posandoglielo delicatamente sulle spalle, prima di avvolgerla in un confortante abbraccio. Yavier non avrebbe sopportato di vederla in quello stato. Si stupiva della propria dolcezza, quando pochi secondi prima aveva lacerato la gola del nemico come un animale selvatico, dimentico d'ogni umanità, nient'altro che un predatore selvaggio aggredito nel proprio territorio. Avvertiva quel duro nodulo di crudeltà che gli ardeva nel cuore e gli aveva permesso di sopravvivere fino a quel momento, sciogliersi in qualcosa che non conosceva. Quell'emozione, di per sè gradevole e confortante, lo sconvolse. No... la situazione era già abbastanza complessa senza aggiungere sciocchi sentimentalismi. Odiava esporsi, e quella sensazione non faceva che renderlo vulnerabile. Bruscamente, allontanò da sè la ragazza e distogliendo gli splendidi occhi color smeraldo, concluse:
"Forza, cerchiamo un posto più sicuro... Credo che tu abbia qualcosa da raccontarmi" e la guidò con mano ferma nella notte.

Black Fallen Angel